Elisabetta Fabri, presidente e AD Starhotels, gruppo italiano con 30 hotel, 4mila camere e 40 anni di storia, non ha dubbi: è il momento di costruire il futuro del turismo.
di Davide Deponti
“Stare a guardare non è proprio nelle mie corde, anche se molti oggi dicono che è meglio restar fermi ad aspettare che passi la tempesta. E una pandemia non è certo un temporale estivo”. A dirlo è Elisabetta Fabri, alla guida del gruppo italiano Starhotels, che ha registrato nel 2019 un fatturato record con quasi 220 milioni di euro e un’occupazione altissima, mentre nel 2020 ha incassato un calo superiore all’80%, perdendo 170 milioni di ricavi. Come reagire allora? La presidente e AD dei 30 luxury hotel dislocati in diverse città e località della Penisola pensa che la migliore risposta sia avere coraggio e lavorare ancora di più per sfruttare la situazione in positivo, ad esempio riorganizzando l’azienda. Il che significa trasformare lo stop forzato dovuto alla pandemia in un’opportunità per ripensare agli stili di vita che spesso sono troppo accelerati e distratti, rimettendoli invece in discussione. Insomma, fermarsi a riflettere per ripartire più forti.
Quale sarà la prima sfida da vincere?
Capire come evolverà il mercato. Reinventandosi se necessario, ma mantenendo una visione strategica sul futuro. Non solo: una crisi come questa ha bisogno di risposte strutturali: l’iniziativa individuale, per quanto importante, non basta. Le istituzioni devono essere consapevoli del fatto che il turismo italiano stia vivendo il momento più difficile della sua storia, ma che è e resterà un comparto strategico, un driver della ripresa economica. Sono indispensabili misure immediate, come un ministero del Turismo forte e con portafoglio (il neo premier Mario Draghi ha poi ‘seguito’ il consiglio, ndr). E ancora serve definire norme vantaggiose per aggregare e capitalizzare le imprese turistiche, lanciare immediati strumenti di supporto al lavoro, come la decontribuzione per almeno 36 mesi: le persone hanno bisogno di tornare a lavorare per la sopravvivenza economica ma anche per un equilibrio psicologico. Bisogna dare ossigeno alle aziende e ai lavoratori, condividendo un piano di rilancio della destinazione Italia che vada oltre le (poche) risorse stanziate. Un’ipotesi poi può essere la creazione di un Bond Turismo Italia, uno strumento a tassi bassi a sostegno degli investimenti, con 20 anni di durata e garantito dallo Stato, che possa permettere al comparto che vive di turismo di rinascere. Realizzerei infine un fondo dedicato per il reinserimento nel mondo del lavoro di tutti i giovani che hanno perso l’occupazione o che, terminati gli studi, si avviano a cercare un impiego nel momento storico più difficile dal dopoguerra.
Su cosa puntate per andare oltre la crisi?
Il 2020 ci ha sottoposto a uno stress test. Eravamo certi di continuare la crescita del 2019, c’erano tutti i presupposti. Al primo lockdown abbiamo reagito con risorse nostre, gestendo l’emergenza finanziaria grazie al solido patrimonio aziendale. Con spirito positivo poi abbiamo riaperto in estate e alla seconda chiusura ci siamo concentrati sui progetti di rinnovamento di alcuni hotel che vedranno la luce quest’anno: l’apertura di una nuova ala dell’Helvetia & Bristol con la più grande spa del centro di Firenze e 25 suite e 40 nuovi serviced apartments connessi al Rosa Grand di Milano. Abbiamo deciso di agire e reagire prendendo scelte strategiche che potessero dare una spinta al rilancio, continuando a investire sul nostro Paese. E questo si riflette in molte delle nostre iniziative: proprio nel 2020 abbiamo cambiato la politica di acquisti, avvalendoci esclusivamente di prodotti e professionisti italiani. Mai come oggi c’è stato bisogno di fare scelte coraggiose e puntare sulla qualità, e per questo abbiamo scelto di investire nella bellezza tutta italiana.
Cosa vi aspettate che succeda adesso?
I nostri piani di sviluppo hanno sempre guardato al medio e lungo termine. Il nostro obiettivo resta quello dell’ampliamento del modello di business verso il management e il franchising, valutando eventuali acquisizioni strategiche. Nel breve e medio ci proponiamo poi come aggregatori di realtà imprenditoriali individuali o private alle quali possiamo fornire, nell’ambito di contratti di affiliazione, guida metodologica, rete commerciale, canali di distribuzione e visibilità sui mercati. Guardiamo sempre avanti, fieri di quanto realizzato in 40 anni di storia del gruppo e allo stesso tempo continuando anche ad ambire ad un ulteriore accrescimento del portfolio in quelle destinazioni in cui non siamo ancora presenti. Siamo sempre aperti a valutare progetti di sviluppo purchè siano virtuosi e a lungo termine.
Anche se è difficile fare previsioni, o no?
Sono ottimista: ci aspettiamo una lenta ripresa del mercato italiano, che vada di pari passo con l’avanzare della campagna vaccinale, verso primavera. Quindi una ripartenza di quello europeo all’inizio del secondo semestre 2021; per gli Usa e gli altri mercati intercontinentali si dovrà attendere almeno settembre, se non il 2022. Per tornare ai numeri del 2019 ci vorranno anni, tanto che per il 2021 ci aspettiamo una contrazione dei ricavi rispetto al 2019 intorno al 50%: ma siamo fiduciosi dei nostri mezzi tanto da credere in un recupero efficace, tenendo il timone saldamente in linea con il nostro piano aggressivo di recupero e di sviluppo.
E se a Elisabetta Fabri fosse chiesto di essere ‘regista’ del rilancio del settore, da cosa partirebbe?
Orgoglio nazionale, destagionalizzazione, creazione di nuove destinazioni, infrastrutture e digitalizzazione, professionalizzazione e una maggior qualificazione dei modelli. Questi i filoni più urgenti su cui intervenire, oltre a sensibilizzare ed educare gli italiani ad essere consapevoli delle risorse del proprio Paese. La consapevolezza della ricchezza del territorio è alla base del rispetto, da cui scaturisce il desiderio di creare e tramandare eccellenza. Gli italiani sono i portavoce dello stile inconfondibile e dell’ammirazione che questa culla della cultura merita. Altro importante tassello è la formazione del personale turistico: occorre investire pesantemente sulla formazione, con la creazione di eccellenze formative alla stregua delle grandi scuole e università straniere, ma alla portata di tutti i giovani a cui dobbiamo stimolare la passione per l’industria dell’hospitality. Una delle nostre più grandi sfide è trovare personale serio e dedicato al lavoro alberghiero, categoria che spesso si scontra con modelli non ben retribuiti. È quindi urgente rivedere completamente il sistema, alleggerendo la pressione fiscale. Dobbiamo diventare ambasciatori entusiasti del nostro Paese, della gioia di vivere che tutti ci invidiano ma che oggi rischiamo di perdere.