Un albergo di lusso, che conta 430 dipendenti, e che chiaramente sta lavorando con tassi di occupazione bassi in seguito alla pandemia e alle restrizioni sugli spostamenti: eppure l’Hotel Principe di Savoia, nonostante la crisi in atto, garantirà tutti i posti di lavoro. Lo afferma a Pambianco Hotellerie il general manager Ezio Indiani: “Questo è un punto importante della filosofia di Dorchester Collection, di cui facciamo parte, che investe molto nel personale, perché, se ben motivato, trasmette la sua soddisfazione agli ospiti e di conseguenza i clienti vengono fidelizzati. Il gruppo inglese che ha la proprietà e la gestione di 9 alberghi nel mondo, tra cui lo storico hotel milanese Principe di Savoia, non solo garantisce il mantenimento dei posti di lavoro per tutte le strutture del gruppo, ma integra totalmente lo stipendio dei dipendenti nella parte che non viene coperta dalla cassa integrazione”.
‘Il Principe’, così come è stato definito negli anni un hotel che è entrato a far parte della vita di una città e che ha ospitato teste coronate e personalità di spicco come Charlie Chaplin e Gabriele D’Annunzio, ha alcuni progetti in serbo: “Vogliamo valorizzare – sottolinea Indiani – la parte esterna del ristorante Acanto e delle sale banchetti, anche perché gli ospiti hanno molto piacere di stare all’aperto. Inoltre, abbiamo intenzione di ristrutturare la suite presidenziale, un nostro ‘gioiello’ di 500 metri quadrati con tanto di piscina privata e sauna”.
Per quanto riguarda il gruppo Dorchester, Indiani anticipa che la compagnia alberghiera ha in programma una nuova apertura a Dubai, tra fine 2021 e inizio 2022, con un contratto di management. “Stiamo cercando assiduamente un albergo a New York – aggiunge – perché per il mondo dei 5 stelle la prima clientela è quella americana. Quindi, per noi la Grande Mela è cruciale”.
Il general manager dell’imponente struttura neoclassica che si affaccia su piazza della Repubblica, con le sue 257 camere e 44 suite, è anche presidente di Ehma (European hotel managers association), e ha quindi uno sguardo allargato sul mondo dell’hotellerie nel Vecchio Continente: “La crisi in atto colpisce tutti i Paesi – sottolinea – anche se ognuno ha regole e misure restrittive differenti. Ciò che cambia sono gli aiuti statali, perché alcune Nazioni hanno una Cig indubbiamente più significativa rispetto a quella messa in campo in Italia, e tra queste vi sono Francia, Germania e Regno Unito. Purtroppo questa crisi durerà a lungo e ha un contraccolpo differente rispetto alle crisi che il settore dell’hotellerie ha già vissuto in passato, ad esempio dopo il fallimento di Lehman Brothers o l’attentato alle Torri Gemelle, l’11 settembre 2001. Allora, si tornava alla normalità nel giro di un anno. Io sono convinto che nella seconda metà dell’anno prossimo si vedrà un inizio di ripresa ma per tornare alla fase pre-Covid bisognerà aspettare la seconda metà del 2023 e probabilmente anche il 2024. Il motivo è che, finché continueranno a rimanere in vigore le misure di distanziamento sociale, non si potrà tornare alla normalità del business”.