Sta accadendo qualcosa di molto speciale in Italia, una sorta di esplosione dell’hotellerie di lusso nel Paese. Si assiste in questi mesi a un susseguirsi di annunci da parte dei brand internazionali che comunicano l’intenzione di aprire le loro ‘ammiraglie’ nella Penisola.
Belmond e Four Seasons in Puglia, Rosewood, Delano, 7Pines Kempinski e Baglioni in Sardegna, Oetker Collection a Capri, Six Senses e W Rome di Marriott a Roma, per citarne solo alcuni. Insomma, un rapido inanellarsi di aperture che, secondo Ori Kafri, co-fondatore di J.K. Place, identificano una sorta di ‘Rinascimento’ italiano: “In un momento così triste per via dell’emergenza sanitaria mondiale, l’interesse da parte dei gruppi internazionali a investire nel nostro Paese è qualcosa davvero di speciale. Come spesso accade, i protagonisti sono gli stranieri perché gli italiani hanno più difficoltà a valorizzare il territorio, ma è anche vero che i brand internazionali necessitano del supporto di un partner locale”.
Le motivazioni di questo ‘Rinascimento’ tricolore sono diverse. Innanzitutto, già in fase pre-pandemia il trend di aperture di luxury hotel era in crescita. Secondo i dati rilevati da World Capital Group, nel 2018 in Italia si contavano 521 alberghi 5 stelle, che nel 2019 sono passati a 554. Altre motivazioni le porta Paolo Barletta, amministratore delegato di Arsenale, che è convinto che l’Italia sarà sempre più importante per l’alto di gamma: “Il Belpaese diventerà la prima destinazione per il lusso mondiale – afferma senza mezzi termini – e infatti, nel bacino del Mediterraneo, che comprende anche Spagna, Grecia, Balcani, Costa Azzurra e Croazia, l’Italia è la destinazione più completa perché, oltre al mare, montagna, laghi e borghi, ha molte città d’arte. Qui la gente verrà a fare le vacanze nei prossimi 50 anni”. Le altre destinazioni di eccellenza nel mondo, come i Caraibi, soffrono infatti per la stagionalità e per la maggiore difficoltà nell’accessibilità a causa di minori servizi e infrastrutture. L’Italia, invece, secondo il pensiero dell’AD, si caratterizza come una destinazione leisure completa e accessibile, ed è questo uno dei motivi per cui i player del lusso investono nella Penisola. Barletta parla anche della necessità della riqualificazione del patrimonio alberghiero e del territorio: “In Italia abbiamo un tesoro che le persone vengono a visitare, e se lo rendessimo più bello e ancora più accessibile, la crescita sarebbe esponenziale. Sono convinto che, senza riqualificazione, il Pil del turismo nel 2030 arriverà a contare tra il 18% e il 20% del Pil italiano, ma potrebbe volare al 30% con una buona politica di ristrutturazioni”.
Rilevante la ricaduta di questi investimenti sul territorio. “Quando abbiamo aperto Masseria San Domenico nel 1996 e Borgo Egnazia nel 2010 – racconta Aldo Melpignano, proprietario e managing director del gruppo San Domenico Hotels – il territorio si è rivitalizzato e sono nate altre attività, non di fascia alta, ad esempio affitta camere, bed & breakfast, alberghi di diverso livello. Si crea una sorta di effetto volano”. Lo conferma Sir Rocco Forte, founder e chairman di Rocco Forte Hotels: “Un 5 stelle di livello offre molto lavoro, contribuisce al miglioramento del luogo e attrae persone che apprezzano e valorizzano il Paese. L’impatto che ha avuto in 10 anni il nostro Verdura Resort sul territorio di Sciacca in Sicilia è stato forte, con un indotto che da 7,7 milioni di euro nel 2015 ora supera i 10 milioni annuali tra dipendenti, tasse e furniture. Senza contare quello che spendono i clienti in taxi, ristorante e negozi”.
Ulteriori approfondimenti sul tema con i contributi di Richard Brekelmans, area vice president southern Europe di Marriott International, di Danilo Guerrini, direttore e maître de maison di Relais & Châteaux Hotel Borgo San Felice, e di Monica Badin di World Capital Group, sono presenti nel magazine Pambianco Hotellerie maggio/giugno 2021.