I resort a cinque stelle si preparano a un’estate d’altri tempi, con ospiti italiani e una quota residua di turismo d’élite dall’estero. La stagione potrebbe continuare anche oltre ottobre. Contrazioni dei fatturati e menù più sobri nei ristoranti
di Andrea Guolo
La primavera se ne è andata nell’attesa, purtroppo vana, che fossero emanati i protocolli governativi per la riapertura. I mesi di abituale rodaggio della macchina organizzativa dei resort di lusso, nella prospettiva del pienone estivo, sono trascorsi lentamente, nonostante la frenesia legata alla necessità di rivedere, causa Covid, le prassi consolidate. Con una domanda sempre dietro l’angolo: converrà riaprire? La tentazione di non farlo è stata forte, e in ogni caso la stagione inizierà tardi e sarà economicamente un disastro. La speranza degli operatori, per rimediare parzialmente ai mancati incassi della primavera e alle magre prospettive di inizio estate, è legata a un lento recupero nei mesi di abituale chiusura, quando potrebbero far ritorno anche i clienti strategici del turismo di lusso come gli americani, gli inglesi e i russi.
AUTUNNO ‘CALDO’
Sarà quindi un autunno caldo per il turismo? Danilo Guerrini, managing director di Borgo San Felice (Chianti Classico, proprietà Allianz) e delegato per l’Italia di Relais & Châteaux, è convinto che la stagione si possa prolungare come già avvenuto negli ultimi anni, con la complicità dei cambiamenti climatici che hanno addolcito il clima fino a novembre inoltrato. “A beneficiarne, tra le 49 dimore della nostra associazione, potrebbero essere soprattutto quelle in campagna o media collina, probabilmente un po’ meno al mare o in montagna. Parliamo di dimore a gestione perlopiù familiare, pronte a cogliere le opportunità che si potrebbero presentare”, afferma Guerrini. Le dimensioni contenute, con una media di 31 camere per struttura nel circuito dell’associazione, e la presenza di grandi spazi fuori dalle rotte del turismo di massa (“Nascono come isole di calma e tranquillità”, precisa Relais & Châteaux Italia) sono i punti di forza su cui contano le dimore della delegazione italiana. E proprio l’impostazione “protetta” degli hotel di lusso potrebbe costituire una leva importante per favorirne la ripartenza. Ad affermarlo è Robert Koren, senior vice president per l’area Emea di Belmond (gruppo Lvmh), presente nella penisola con otto dimore. “La fortuna di questo piccolo gruppo – racconta – è di avere strutture molto lontane dal caos, circondate da parchi e giardini incantevoli, oltre a suite e terrazze enormi che ci aiutano nel rispettare il distanziamento sociale”, sostiene Koren. In Belmond appaiono ottimisti, pur nella consapevolezza che non sarà un’estate come le altre e che i conti ne risentiranno. “Nessuno – precisa Koren – si aspetta un numero di presenze paragonabili a quelle del passato, ma si può fare. Le richieste dei turisti stranieri, in particolare dai Paesi confinanti come quelli di lingua tedesca, continuano ad arrivare, così come da parte degli inglesi. L’interesse si sposta dai mesi estivi a quelli autunnali; del resto a Taormina, lo scorso anno, il Grand Hotel Timeo è rimasto aperto fino ai primi di gennaio. Le premesse sono quindi favorevoli per l’ultima parte dell’anno, con il punto di domanda legato alla situazione dei trasporti aerei”. Le incognite sulla possibilità di viaggiare, unite all’assenza dei protocolli governativi, non permettevano ancora, a maggio inoltrato, agli hotel italiani del gruppo londinese Rocco Forte di sciogliere la riserva sull’effettiva riapertura delle strutture. “In assenza di una programmazione, ci mancano le informazioni necessarie per pianificare un’attività in linea con i nostri standard”, afferma Maurizio Saccani, director of operations di Rocco Forte Hotels. Il quale parla di “una stagione che si preannuncia pessima e devastante, se non riusciremo a costruirla bene; ma non potremo farlo da soli, e i tempi sono stretti”. Le previsioni da giugno a novembre indicano approssimativamente un calo del 70% dei ricavi rispetto al 2019. Inoltre, con le limitazioni e i divieti internazionali in atto, il turismo italiano non potrà certamente compensare le defezioni estere, che per i resort a cinque stelle di tutta Italia costituivano la stragrande maggioranza del business. “In assenza di voli e in presenza di blocchi alla circolazione, rischiamo di partire con il 15% delle presenze che avevamo registrato nel 2019”, precisa Saccani. Aldo Melpignano, managing director di Borgo Egnazia a Savelletri di Fasano (Brindisi), stima a fine anno una flessione “tra il 40% e il 70%, a seconda delle restrizioni che ci saranno. L’anno scorso, per la stagione estiva di quest’anno, avevamo già le strutture quasi al completo mentre ora dobbiamo iniziare da zero. Sarà un mercato diverso, sarà un mercato in cui dare fiducia all’Italia, in cui gli operatori dovranno dare dei segnali alla clientela italiana e in cui i clienti, scegliendo l’Italia, potranno dare un forte segno di ripartenza”. Il livello di occupazione della struttura, estesa su oltre 16 ettari, è stato ridotto del 30% e la maggior parte dei servizi sarà su prenotazione, per rispettare le capienze predisposte ed evitare assembramenti. Avendo a disposizione spazi così ampi, hotel e resort di lusso saranno avvantaggiati rispetto alle strutture di fascia media e medio/alta, perché la clientela si sentirà più protetta. Lo svantaggio è naturalmente legato ai costi, perché gli standard qualitativi dell’alta gamma impongono un livello di occupazione molto alto. “Al Verdura Resort di Sciacca, nei momenti di massima affluenza stagionale, abbiamo 400 ospiti e un numero equivalente di personale addetto”, precisa Saccani di Rocco Forte. Sostenere simili spese di base, alle quali vanno aggiunte gli extra costi legati alla sanificazione degli ambienti alla gestione emergenziale in fase Covid, a fronte di un calo consistente di introiti e con la necessità di dover effettuare promozioni per incentivare la presenza di clienti italiani… diventa un’impresa davvero proibitiva per l’hotellerie di fascia alta. Un’impresa a cui occorre rispondere senza intaccare il livello dell’offerta, ma trovando al tempo stesso una formula economicamente sostenibile non solo per l’hotellerie, ma anche per la ristorazione al proprio interno.
LA REVISIONE DEI MENÙ
Si procede quindi verso menù ridotti, con ampio spazio per quello che Robert Koren di Belmond definisce “il dna delle cose autentiche, dal pesto fresco dello Splendido di Portofino alla pasta alla norma del Timeo di Taormina. Non avremo menù estesi come nel recente passato, ma sono certo che i clienti apprezzeranno. La semplicità è la chiave dell’eleganza, e noi come gruppo cercheremo di rimanere eleganti nelle modalità del servizio, wine tasting compreso”. Nelle strutture di Rocco Forte, il protocollo operativo legato alla ristorazione è ormai definito e prevede naturalmente l’eliminazione di uno dei ‘punti forti’ dell’offerta elaborata dallo chef Fulvio Pierangelini, a cui è stata affidata la direzione creativa del food di tutti gli hotel del gruppo: il buffet breakfast. “I criteri igienico-sanitari erano già ai massimi livelli, ma faremo uno sforzo in più per tutelare i nostri ospiti e il personale”, precisa Saccani. E mentre Pierangelini è al lavoro per trovare la giusta formula senza rinunciare a un ‘effetto wow’ che ci si aspetta da una colazione o da una cena in un ristorante d’alta cucina, la certezza è che ci saranno meno coperti e più distanze tra i tavoli. L’ottimizzazione riguarderà, in prospettiva, anche le modalità di promozione degli hotel e il marketing. “Investiremo di più nel digital, riducendo invece le spese legate alla partecipazione a eventi e fiere internazionali”, precisa Guerrini di Relais & Châteaux, che guarda al futuro in termini di marketing ma si ispira al passato in termini esperienziali. “Quest’anno avremo un turismo estero d’élite, simile a quello degli anni Cinquanta, in strutture che accoglieranno i loro ospiti con uno spirito ‘da famiglia’. Un ritorno alla semplicità che saprà conquistare tutti, in attesa di una ripartenza che nel 2021 potrebbe essere molto rapida”.
luglio 2020