Il Covid ha spinto il turismo fuori stagione. Grande opportunità per l’Italia che potrebbe ottenere un aumento dei ricavi con una migliore distribuzione dei flussi.
di Vanna Assumma
Riecco la questione ‘destagionalizzazione’. Un tema che non è nuovo per il mondo del turismo ma che la pandemia ha riportato alla ribalta, eleggendolo ad argomento ricorrente nei discorsi informali tra gli operatori del mercato. Quasi che la pandemia abbia dato il ‘là’ a nuove riflessioni, creando il terreno adatto per provare finalmente a investire in questa direzione, come se fosse un’occasione da non perdere. Le riflessioni su questo tema sono di diversa natura. Da un lato, la possibilità di un’apertura delle strutture leisure prolungata tutto l’anno potrebbe essere il motore della ripresa. Per un settore che è letteralmente in ginocchio a causa di un anno e mezzo di restrizioni ai viaggi, la possibilità di svolgere la propria attività oltre i canonici 5 mesi (da maggio a settembre) sarebbe una boccata d’ossigeno per bilanci ormai asfittici. Per gli hotel che vivono prevalentemente di clientela ‘vacanziera’, fare business nei mesi ‘morti’ di marzo e aprile oppure di ottobre e novembre permetterebbe di recuperare più velocemente le perdite e sarebbe anche un volano per l’economia italiana, dato che il turismo ha una ricaduta enorme sull’intera economia del Paese. Da un’analisi di Confindustria risulta che, per ogni euro investito nel turismo, si genera 0,20 euro nel resto dell’industria, 0,10 euro nei servizi e 0,05 euro nell’agricoltura. Parlando solo del turismo di lusso, una ricerca di Bain & Company per Altagamma ha evidenziato che i viaggiatori ‘affluent’ generano il 3% del Pil italiano, ovvero 60 miliardi di euro, considerando la spesa diretta (soggiorno e viaggio), l’indotto (ristoranti, cultura, shopping, mobilità) e gli effetti indiretti, come la manutenzione degli hotel e gli investimenti alberghieri. Si tratta di quasi un quarto del Pil generato dal turismo italiano, che è pari al 13 per cento. I viaggiatori ‘wealthy’ sono prevalentemente stranieri e acquistano le eccellenze dell’alto di gamma italiano, con una ricaduta quindi sulla manifattura di lusso della Penisola. Nel 2019 è stato rilevato che il 60% dell’acquisto di beni di lusso tricolore è stato effettuato da turisti stranieri. Tornando ai vantaggi che l’ampliamento dei flussi nell’arco dell’anno avrebbe per il settore turistico, Maria Carmela Colaiacovo, vice presidente di Associazione Italiana Confindustria Alberghi, afferma: “Il tema della destagionalizzazione è sempre stato all’attenzione del settore e dei decisori politici nazionali e locali. La stessa valorizzazione dei borghi, di quelle località ancora poco note di cui è pieno il Paese, aveva generato già in epoca pre-Covid nuovi flussi anche nelle stagioni meno ‘battute’ dai turisti. La pandemia ha imposto un brusco passo indietro e, dall’overtourism che caratterizzava alcune destinazioni, si è passati ad una sorta di desertificazione durata oltre un anno. Ora si riparte, ma come sottolineato anche dal premier Draghi, si impone un cambiamento. Se vogliamo aumentare e qualificare i nostri flussi turistici, in una visione di complessiva sostenibilità del fenomeno, è necessario riprendere il filo interrotto ed accelerare una trasformazione che guardi a periodi di apertura più lunghi per le strutture stagionali”.
nuove abitudini
Oltre a considerare la destagionalizzazione un motore per la ripresa economica, altri motivi rendono questo tema di stretta attualità, ad esempio il fatto che la pandemia ha determinato cambiamenti nelle abitudini dei viaggiatori. Cambiamenti che vanno proprio nella direzione di una redistribuzione dei flussi turistici aldilà dei consueti periodi delle vacanze invernali ed estive. “Probabilmente in fase post-Covid – afferma Andrea Prevosti, general manager di Grand Hotel Parker’s – i viaggiatori modificheranno le loro abitudini, cioè preferiranno evitare l’affollamento, prediligendo luoghi che permetteranno un maggiore distanziamento sociale, e quindi viaggiare nei periodi di bassa stagione potrebbe essere una soluzione per loro auspicabile”. Va detto che i turisti americani, tedeschi e svizzeri, già in fase pre-Covid erano soliti arrivare in Italia nei mesi primaverili, periodi in cui ricorrono per loro diverse festività. La pandemia invece li ha spinti a spostare le vacanze nei mesi autunnali, come conferma Gianvito Mangano, general manager di Canne Bianche Lifestyle Hotel: “Non avendo potuto viaggiare questa primavera per via delle restrizioni ai movimenti internazionali, questi turisti hanno spostato le prenotazioni più in avanti, cioè nei mesi che vanno da ottobre a dicembre. Si intravede quindi, anche per i posti di mare in Puglia, una domanda invernale che un tempo non c’era”. Una domanda che, se incontrerà la soddisfazione dei turisti stranieri, potrebbe rimanere anche in fase post-pandemia, garantendo quindi una redistribuzione degli ospiti in diversi mesi dell’anno. Il pensiero di Giovanna Manzi, CEO di Bwh Hotel Group Italia evidenzia invece un punto di vista alternativo: “La destagionalizzazione è tradizionalmente legata ai mercati internazionali, che viaggiano in diversi momenti dell’anno o a gruppi che al momento non sono ancora del tutto ripartiti.
La presenza di turisti internazionali adesso in Italia è ‘congelata’ a favore di un turismo prevalentemente domestico, di natura perlopiù individuale e famigliare. Per questo motivo, auspicherei l’analisi delle possibilità di redistribuzione della stagionalità piuttosto che la sola destagionalizzazione che sottintende la redistribuzione dei flussi a partire da momenti di picco. Poiché al momento non abbiamo ‘picchi’, neanche in alta stagione, diventa più interessante a mio avviso capire come evolvono le stagionalità e come si muoveranno i ‘nuovi’ turisti nei diversi mesi dell’anno”.
le potenzialità dell’italia
Le riflessioni degli operatori del settore sono supportate dai dati emersi dalla ricerca di World Capital sulla destagionalizzazione in Francia, Spagna, Italia, Portogallo, Grecia, Croazia, Malta. Emerge che in quest’ultimo Paese nei mesi di marzo, aprile, ottobre e novembre si è registrata un’occupazione media del 76,4%, eleggendo Malta a Paese a più alto tasso di destagionalizzazione, seguito da Spagna (63,7%) , Francia (60,8%), mentre l’Italia si posiziona al sesto posto nella classifica con una media di occupazione del 42,9% nel periodo considerato. Eppure, nonostante il Belpaese sia un fanalino di coda nel Sud Europa per quanto riguarda la destagionalizzazione, ha una grande potenzialità di crescita in virtà della sua alta attrattività. Il dipartimento ricerca di World Capital ha infatti stilato un ranking anche in funzione dell’attrattività territoriale, e per definire questo concetto sono stati considerati sei indicatori: il numero di siti patrimonio Unesco sul territorio nazionale, i km di coste, la posizione del Paese nelle classifiche culinarie mondiali, l’indice climatico Stc 2019, il numero di città termali presenti sul territorio e il numero di km di piste da sci. L’Italia è risultata in pole position nel ranking per attrattività, e quindi si deduce come un Paese al sesto posto nel Sud Europa come destagionalizzazione ma al primo posto come attrattività, abbia la possibilità di colmare il gap, dato che il desiderio di viaggiare nella Penisola è altissimo. Dal desiderio ai fatti, la strada è lunga: infatti nel 2019 la Francia ha registrato 175 milioni di arrivi turistici internazionali, la Spagna 135 milioni e l’Italia 131 milioni. World Capital, infine, ha confrontato questi risultati con la spesa turistica in Italia nel 2019, per ipotizzare l’aumento della spesa proporzionalmente all’incremento delle presenze turistiche. Risultato: se l’Italia raggiungesse lo stesso livello di destagionalizzazione di Malta nei mesi di marzo, aprile e novembre, nonché lo stesso livello del Portogallo a ottobre, la spesa turistica potrebbe crescere di 7 miliardi di euro. Per quanto riguarda il sentiment dei turisti europei sui viaggi nel 2021, l’interesse per le vacanze al mare è il più forte (34% dei viaggiatori) e oltre la metà (52%) mostra la volontà di fare il prossimo viaggio in aereo, mentre lo spostamento in auto è la seconda sclta (36%). La top ten dei Paesi scelti per le vacanze estive nel Vecchio Continente è capitanata da Spagna e seguita dall’Italia.