La valorizzazione di ville e castelli – un ‘museo diffuso’ lo definisce l’Adsi – passa dalla destinazione a progetti di hotellerie o di accoglienza. E Airbnb stanzia un milione di euro per supportare nuovi programmi.
Dimore di charme, Relais & Châteaux, castelli e ville venete, borghi murati e resort negli antichi palmenti dove si faceva vino o nelle masserie. Il patrimonio storico-architettonico italiano offre l’opportunità di scoprire ad ogni angolo una struttura ricettiva che nasconde secoli di storia tra le camere e la sala ristorante. Le proposte sono molteplici: dal castello dei Marchesi Alfieri nel Monferrato agli hotel della Riviera del Brenta, il “quasi borgo della città di Venezia” che accoglie gli ospiti a Villa Franceschi, a Villa Ducale o a Villa Alberti, dai relais che Barone di Villagrande e Firriato hanno ricavato dagli storici palmenti sull’Etna fino al Castello di Brolio nel Chianti, dal Castello di Collelungo dei conti Faina in Umbria allo Small Luxury Hotel in Val di Pesa nella Villa Mangiacane, progettata da Michelangelo Buonarroti e appartenuta a Niccolò Machiavelli. L’ospitalità (più o meno luxury) restituisce nuova vita e nuovo splendore ai gioielli architettonici che la Penisola ha come patrimonio inimitabile.Viene immediato chiedersi se la trasformazione di antiche ville nobiliari e castelli in hotel e relais sia un buon business e quali supporti esistano per questo “museo diffuso” – come l’Associazione Dimore Storiche Italiane (Adsi) definisce il network di proprietà che da 45 anni contribuisce a tutelare e valorizzare.
HOSPITALITY DENTRO LA STORIA
Qual è innanzitutto il valore aggiunto di un modello di hospitality all’interno di una struttura? “La dimora storica è un prodotto diverso da hotel, agriturismo o B&B perché permette di trovare il genius loci che è unico”, rimarca il consigliere nazionale Adsi Giovanni da Schio, proprietario della seicentesca Villa da Schio a Castelgomberto nel Vicentino, dove sono accessibili quattro residenze per una vacanza senza tempo. Per Francesca di Thiene – comproprietaria del Castello di Thiene che offre camere e suite nelle stanze del XV secolo – “si viene accolti in una casa vera e propria. C’è la storia delle famiglie che hanno abitato queste mura, e che ancora le abitano, che viene condivisa con chi sceglie di soggiornare in queste dimore. Sicuramente facciamo parte di una nicchia molto esclusiva. Chi soggiorna qui cerca qualcosa di diverso dall’hotel”. E Carolina Valmarana e Giulio Vallortigara della vicentina Villa Valmarana ai Nani (suite e foresteria per chi voglia dormire nel Settecento) aggiungono che per il visitatore è un “privilegio” l’esser parte della storia e del territorio in cui è ospite.
L’unicità di una terra e della sua storia è anche il focus per Eugenio Gallina, CEO di Ludwig House che oggi gestisce una residenza palladiana a 5 stelle in Valpolicella. “L’hospitality, con la programmazione, l’organizzazione e le revenue – dice – può far diventare profittevole il prodotto dimora esaltandone le innate caratteristiche di unicità, solidità, consistenza e coerenza. Tutti aspetti per i quali si distingue in un’epoca di storytelling a volte artefatto”. E il vero lusso è “poter vivere e respirare l’atmosfera di una vera casa che è stata vissuta dalle nostre famiglie con gli arredi originali, i parchi”, aggiungono Chiarastella e Alvise Sagramoso che gestiscono il Relais Villa Sagramoso Sacchetti.
“I miei ospiti sorridono quando racconto come sono cambiati i tempi: una volta nel borgo lavorava la gente che produceva cibo per i padroni della villa, mentre ora sono i proprietari della villa che lavorano per far vivere il borgo”, scherza Giulia Lovati Cottini, che con la famiglia vive nella seicentesca Villa Feriani a Montegalda nel Vicentino, ma gestisce l’accoglienza del Borgo Feriani.
BUSINESS SOSTENIBILE
Se sullo charme non si discute, è però redditizio costruire un progetto di hospitality in una dimora storica o in un complesso monumentale? Lo è al pari delle location posizionate nelle gamma alta e di lusso – replicano i proprietari, che in Veneto si sono riuniti nell’associazione Dimore Amiche – ma sicuramente presenta complicazioni gestionali. Il cliente deve infatti avere un profilo particolare, deve essere rispettoso del luogo in cui si trova.
“Diventa redditizio solo con una cura quasi maniacale del prodotto – chiarisce Gallina da Ludwig House – se si riesce a definire una personalità differenziante, se si entra nel cuore dell’ospite. I costi di manutenzione sono molto più elevati della media dell’hotellerie, ma per il nostro cliente il driver di scelta non è il prezzo”.
Per qualcuno le revenue rappresentano “un aiuto importante ma non risolutivo”, ma in fondo è una maniera per mantenere e tramandare un patrimonio artistico che diversamente rischierebbero l’abbandono.
CONTRIBUTI NO, PROGETTI SÌ
Considerato che sembra impossibile l’accesso a fondi specifici di sostegno pubblico per i proprietari e gestori delle dimore – a fronte del mantenimento di un patrimonio storico che è anche collettivo – la sostenibilità del business è cruciale. “La solidità della nostra azienda e una puntuale programmazione ci permettono di affrontare tutti gli interventi necessari al mantenimento di una dimora storica”, precisa Gallina di Ludwig House. Per Francesca di Thiene è invece importante lo stanziamento di un milione di euro da Airbnb che verrà utilizzato per un bando – gestito da Adsi – destinato alla valorizzazione dell’aspetto turistico ricettivo delle strutture. “Decisamente interessante vedere un player internazionale investire in questo modo sull’Italia”, osserva la contitolare del Castello di famiglia. In effetti, la clientela dell’accoglienza nel cuore della storia ha come target principale gli stranieri, che rappresentano la fetta preponderante degli ospiti in cerca del genius loci.
IMPATTO SUL TERRITORIO
La presenza delle dimore storiche accessibili, anzi abitabili, rappresenta dunque un valore per il territorio di riferimento. “Le dimore sono per la metà in Comuni con meno di 20mila abitanti (in molti casi meno di 5mila) – osserva Giovanni da Schio – e questo significa che senza questa presenza quel territorio sarebbe meno frequentato”. E se Francesca di Thiene sottolinea il valore degli archivi storici conservati tra ville e castelli (solo a Thiene sono conservati pezzi dal 1100), i Sagramoso ricordano che esiste anche un indotto prettamente economico intorno alle dimore, tra Horeca, trasporti, teatri e terziario.
Eugenio Gallina considera il recupero e l’apertura al pubblico di una dimora storica “un dono al territorio”, ma con il progetto Ludwig House l’imprenditore alberghiero ha ideato un format che arricchisce le strutture d’epoca con pezzi di design contemporanei e punta ad una personalizzazione del servizio al cliente mirata per valorizzare il soggiorno degli ospiti. “La progettazione – spiega – è fondamentale per essere credibili sia con i proprietari degli immobili sia con gli ospiti. Noi proponiamo una formula che tiene conto di entrambe le relazioni. Studiamo ogni aspetto della destinazione per esaltare le caratteristiche e generare stupore e meraviglia: la scelta di arredi e oggetti, le fragranze dei prodotti da bagno e degli ambienti, le cromie dei fiori. La progettualità si riflette ovviamente anche sul design della customer experience che ha l’obiettivo di raccogliere il maggior numero di indicazioni su esigenze e preferenze dell’ospite sin dal momento della prenotazione”. Perché non bastano le stanze antiche, servono professionalità contemporanee.