Milano 24, Roma 23. La terza stella Michelin assegnata a Enrico Bartolini al Mudec e la prima per le due new entry L’Alchimia e It Milano hanno portato il capoluogo lombardo in vetta tra le città italiane, superando Roma che ha ottenuto una stella in più (con Idylio) rispetto all’edizione 2019 della guida “Rossa”, ma non è bastata per conservare il primato. Tenendo poi conto che le 24 di Milano diventano 25 se consideriamo anche il D’O di Cornaredo, che è praticamente al confine del territorio geografico comunale. Unica consolazione per la città eterna, Roma resta prima se considerata come provincia, grazie alle quattro stelle mantenute tra Fiumicino (Il Tino e Pascucci al Porticciolo), Gennazzano (Aminta Resort) e Labico (Antonello Colonna Resort), mentre la provincia di Milano riesce a esprimere solo la stella di Oldani.
La vera differenza tra Milano e Roma, nelle valutazioni della guida francese, dipende dai ristoranti con doppia stella. Se infatti l’attribuzione della terza étoiles al ristorante di Bartolini pareggia il conto con quella già presente sulla divisa di Heinz Beck con La Pergola, Milano può vantare tre locali con due stelle e Roma soltanto uno. I tre di Milano sono Aimo e Nadia, Seta by Antonio Guida e Vun di Andrea Aprea; quello di Roma è Il Pagliaccio di Anthony Genovese. Queste due stelle in più determinano in sostanza il primato meneghino nella ristorazione secondo il giudizio della Michelin.
Milano era l’unica città internazionale priva di un ristorante con tre stelle e la promozione di Bartolini ha rimediato a questo fatto, considerato quasi un’ingiustizia dai milanesi. Ciò non significa che la Michelin, nel suo insindacabile giudizio, sia stata particolarmente generosa con i locali presenti sotto il Duomo. Secondo i pronostici e secondo il parere del popolo gourmet, un altro candidato molto accreditato alla conquista del massimo riconoscimento era proprio il Seta di Antonio Guida, ristorante dell’hotel Mandarin Oriental, che invece si è dovuto “accontentare” della conferma della seconda stella. Al livello di Seta, Vun e Aimo e Nadia sarebbe dovuto salire Carlo Cracco, che due anni fa perse la seconda stella: si parlava di una retrocessione provvisoria e invece, nonostante la nuova apertura in Galleria e la riapertura del vecchio locale in via Hugo con il brand Carlo e Camilla in Duomo, Cracco è rimasto fermo alle posizioni del 2019. Senza dimenticare il caso di Claudio Sadler, che perse la seconda stella lo stesso anno di Cracco e oggi è fermo a una. Un altro chef milanese di grido è stato addirittura penalizzato quest’anno: si tratta di Giancarlo Morelli, che ha perso la sua unica stella al Pomireou di Seregno e non è riuscito a guadagnarla nel ristorante di Milano dove si trova anche il cocktail bar Bulk, aperto nel 2017. E ci sono parecchi altri luoghi per i quali ci si chiede come mai non sia mai arrivata la tanto agognata stella. Rischiando di scontentarne altri, ne citiamo tre: Bu:r di Eugenio Boer, Daniel di Daniel Canzian e Ceresio 7 di Elio Sironi, locali molto frequentati e premiati dal pubblico milanese. E almeno un paio legati agli hotel: il Gallia, con consulenza della famiglia Cerea (tre stelle Michelin a Brusaporto con Da Vittorio), e il Four Seasons. La domanda è inevitabile: fossero stati in Francia o in Giappone, questi ristoranti sarebbero ancora a bocca asciutta? Per loro ed altri, se ne riparla tra un anno.
di Andrea Guolo