Il 2020 ha portato a un vero e proprio upside-down nel mondo delle prenotazioni alberghiere. Se nel 2019, i turisti si rivolgevano prevalentemente alle agenzie online, come Booking, Trivago, Expedia, per selezionare e prenotare la struttura in cui alloggiare, l’anno scorso invece la prevalenza dei viaggiatori ha deciso di contattare direttamente l’hotel, bypassando i grandi player del booking online, le Ota (online travel agencies).
Secondo i dati dell’Osservatorio innovazione digitale nel turismo della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2020 le prenotazioni dirette sono state il 61% del totale a volume, cioè +12% rispetto al 2019, ripartite in 26% digital e 35% attraverso canali tradizionali (via mail, per telefono o di persona), contro il 39% delle intermediate, ripartite in 30% Ota (che sono scese di 5 punti percentuali rispetto al 2019), 5% agenzie tradizionali e tour operator, 4% altro (cofanetti o siti delle destinazioni). Nel 2019, questo rapporto era inverso: il 51% del numero delle prenotazioni era intermediato dalle agenzie, contro il 49% di quelle che avvenivano grazie a un rapporto diretto con l’hotel.
“Si è rafforzato il canale diretto, che ha inciso per il 66% sull’e-commerce complessivo a valore – ha affermato Filippo Renga, direttore dell’Osservatorio – e quindi vale 4,1 miliardi, comprendendo anche i trasporti. Il cliente ha cercato il contatto diretto con il fornitore per ricevere informazioni e rassicurazioni. Le Ota hanno sofferto (-57% sul 2019), ma meno quelle legate esclusivamente all’extra-alberghiero (-33%)”.
Quello dell’intermediazione ‘tradizionale’ ante-Covid era un mercato tutt’altro che in crisi ma per loro, come per il tour operating, fortemente dipendenti dai flussi outgoing, il 2020 è stato un anno di sopravvivenza, con un calo del fatturato tra il 60% e il 95%. Per il 2021 è prevista una parziale ripresa, nell’ordine di un terzo dei volumi realizzati nel 2019.
Il 2020 è stato un anno che ha dato il là a tanti processi che stentavano a decollare nel mondo dell’ospitalità, come la svolta verso il digitale, che faticava ad assumere una connotazione definita in un settore ancora troppo tradizionale. Innanzitutto, sempre secondo i dati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, è aumentato l’e-commerce degli hotel sul totale e-commerce del turismo. Nel 2019 le vendite digitali del turismo erano costituite per il 60% dai trasporti, per il 31% dagli alberghi e per l’8% da pacchetti e tour. Nel 2020, la vendita di pernottamenti in strutture di ospitalità è salita al 34% sul totale, mentre si sono ridotte le altre due percentuali, cambiamento che è stato generato dalla prevalenza del mercato domestico e dalla maggiore propensione dei viaggiatori a utilizzare mezzi di trasporto di proprietà, ad esempio spostandosi in macchina per recarsi in località vicine al luogo di residenza, evitando quindi l’acquisto di biglietti per i trasporti. Il turismo di prossimità, con movimenti in un raggio ristretto di chilometri, ha impattato molto sugli intermediari.
Nel 2019, il totale e-commerce del turismo era pari a 15,7 miliardi di euro mentre nel 2020 è sceso drasticamente per effetto della riduzione degli spostamenti legati alla pandemia, totalizzando 6,2 miliardi di euro ( -60%). Anche l’e-commerce dell’ospitalità di conseguenza è diminuito, ma copre però una fetta maggiore sul totale digital, passando dal 31% per un valore di 4,9 miliardi di euro al 34%, cioè 2,1 miliardi di euro.
La necessità di distanziamento sociale ha inoltre accelerato il già avviato processo di digitalizzazione. Oggi il 30% delle strutture ricettive adotta soluzioni di pagamento da mobile e offre la possibilità di check-in online o da mobile (nel 2019 erano solo l’8%). Inoltre, ha subito un’impennata l’offerta di assistenza tramite chatbot (14% nel 2020 e 2% nel 2019) e di tour virtuali delle camere (13% nel 2020).