L’hotellerie batte nuove strade per contrastare la caduta di occupazione e propone spazi riadattati per lo smart working, veri ‘uffici’ per dotazione tecnologica nella massima sicurezza.
di Giambattista Marchetto
Ibridazione. È questa la parola chiave per il mondo dell’hotellerie nel post-Covid, soprattutto per il segmento business. Perché se è vero che il mondo è cambiato per i viaggi leisure, trattative e incontri di lavoro avverranno sempre più online, riducendo le trasferte, ma soprattutto andrà a mutare lo stile e la modalità del viaggio d’affari. Il mondo hotel – grandi catene in testa – sta dunque riorientando l’offerta e oggi, dopo il grande slancio nelle proposte per uno smart working dalle suite più esclusive, con flessibilità totale nelle prenotazioni e cancellazioni, nascono progetti integrati per portare l’ufficio in hotel. Le strategie sono diversificate, da quelle vicine a un ripensamento in chiave di real estate fino alla flessibilizzazione on demand delle camere.
SMART WORKING ROOMS
Mentre ci sono realtà nate ibride, come il network 21 Way of Living che ha fatto convivere l’albergo tradizionale e lunghe permanenze in modalità coliving (cucine e spazi condivisi), oggi orientata anche al coworking spinto con interazioni verso l’esterno, emergono spinte più o meno sbilanciate verso il format ‘ufficio in hotel’. In seno al Gruppo Una si sta pensando a progetti specifici, ma soprattutto per le nuove strutture: “Un conto è ‘camuffare’ da ufficio lo spazio di un albergo già esistente e destinato ad altro – osserva il DG Fabrizio Gaggio – e un altro è concepire un ambiente di lavoro fin dalla sua ideazione. Infatti, nei progetti di ristrutturazione che abbiamo in corso implementeremo aree di coworking con accessi, prodotti e servizi mirati”. Per il segmento business travel il gruppo Starhotels (30 strutture, di cui 25 in Italia) ha spinto su sicurezza e flessibilità, oltre all’utilizzo delle camere anche solo in day use: “In varie città abbiamo lanciato le Smart Working Rooms – spiega Antonio Ducceschi, chief commercial officer – ovvero camere trasformate in uffici temporanei utilizzabili anche solo per poche ore, pensate per professionisti che non potendo più accedere alle aziende (chiuse), hanno necessità di spazi adeguati e funzionali per lavorare”. Oltre al proliferare di eventi ibridi (con partecipanti in presenza e in collegamento virtuale), in Starhotels hanno avuto richieste di spazi da utilizzare come studi televisivi o passerelle per sfilate: “Abbiamo privatizzato la piscina per shooting fotografici di costumi, ma anche utilizzato sale per riunioni di condominio e alcune concessionarie hanno richiesto i garage come showroom per auto – aggiunge Ducceschi –. La situazione ha creato nuove necessità, ma ci ha anche insegnato che dobbiamo reagire con creatività e trasformare i problemi in opportunità”.
FLESSIBILITÀ IBRIDA
La flessibilità è il mantra anche per NH Hotel Group (58 alberghi in 26 città italiane), che ha lanciato il progetto Smart Spaces. “Sarebbe un errore buttar giù tutto e fare uffici perché l’occupazione delle camere è calata – chiarisce Marco Gilardi, operations director Italia e Usa – Piuttosto cerchiamo di avere una concezione libera da rigidità per rispondere al mercato. Così ci siamo spinti oltre le lobby attrezzate per poter lavorare, adattando alcune camere ad aree riservate per attività d’ufficio. Via il letto, dentro scrivania e sedia ergonomica, ma anche schermi 70 pollici con videocamera integrata per teleconferenze”. E poi ci sono le suite sono già pronte con il salottino per incontri e call. “Il punto chiave è la flessibilità, piuttosto che irrigidirsi in un format che potrebbe non esser in linea con la domanda – ribadisce – Ci hanno chiesto sale riunioni per allestire showroom in linea con i Dpcm, ma anche come uffici per un lungo periodo. E non parliamo solo di corporation che hanno budget dedicati, ma anche partite iva o professionisti che cercano una base in città. E così a Milano c’è chi vuole lavorare in un 5 stelle vista Duomo e chi si posiziona logisticamente a Porta Nuova, ma in estate saremo pronti alla stessa adattabilità in località leisure come Amalfi o Taormina”.
Dopo il primo lockdown a inizio 2020, il mondo dell’hotellerie ha sperimentato varie soluzioni. “In realtà, grazie allo spostamento in uno spazio dedicato, l’azienda o il professionista può evitare le responsabilità legate alla sanificazione dei propri uffici – conferma Damiano De Crescenzo, direttore generale di Planetaria Hotels – Perché la vera sfida anche per noi è nelle aree comuni, mentre le camere sono già ben attrezzate per lavorare. Noi poi siamo già attrezzati da tempo per il long stay con i residence e ora stiamo studiando soluzioni nuove per migliorare la qualità della permanenza”.
Nella collezione di dieci strutture (a 4 e 5 stelle) del gruppo si sta lavorando per adeguare gli spazi, “per offrire all’ospite postazioni adeguate, con i distanziamenti, ma godendo dei servizi a valore – chiosa il manager –. Appena riaperto, la scorsa estate, è emersa l’esigenza, in particolare dai liberi professionisti, di appoggiarsi agli alberghi. Sono stati riscoperti come luoghi sicuri, dotati di tecnologie adeguate a collegamenti e presentazioni. Tutto è diventato ibrido e l’hotel può essere un ibrido perfetto”.
WORK HOSPITALITY
La spinta sull’acceleratore del “ufficio in hotel” si nota in Accor (77 alberghi in Italia, 21 in gestione diretta e 56 in franchising). “Guardando alla prospettiva del post-Covid, che in questo momento impatta in maniera significativa sul turismo, abbiamo lavorato su tre assi: flessibilità di tariffe e condizioni, valori e modularità per salvaguardare l’esperienza cliente e garanzie sanitarie”, riferisce Luigi Lima, vice presidente per operations franchise eco & midscale Italy, che sottolinea come già oltre la metà delle strutture nel Belpaese sia certificata con audit esterno. Il segmento business vedrà probabilmente le evoluzioni più forti. E se da un lato si tratterà di riorganizzare i meeting in forma ibrida, “e su questo fronte stiamo implementando nuovi supporti tecnologici”, dall’altro Accor propone due strategie. “Abbiamo attivato una prima proposta di Hotel Office – riprende Lima – rivolta a chi non ha accesso ad un ufficio o fatica a lavorare da casa. Già da fine gennaio si può prenotare una camera in day use oppure lavorare in spazi alberghieri adattati alle esigenze d’ufficio, in linea con i protocolli sanitari. C’è poi l’opzione Work Hospitality, un’offerta b2b per aziende che decidono di ridurre gli uffici fisici, oggi sempre meno necessari. Noi proponiamo spazi modulabili in funzione delle esigenze, anche convertendo alcuni piani che saranno destinati ad accogliere uffici e sedi di società”. Un fronte interessante, se si pensa che un’azienda potrebbe spingere sull’internazionalizzazione posizionando la sede legale al nuovo Mercure St. Julian’s di Malta e gli uffici operativi al Mercure Roma West o al Novotel di Milano Linate.
“In Francia il gruppo sta testando la reazione delle aziende e sembra funzionare, mentre l’interesse per le strutture alberghiere c’è”, conclude Lima. Non sarà però Accor a vendere gli spazi, che al momento in Italia saranno gestiti dai singoli hotel, mentre in Francia è stato lanciato Wojo, un brand ad hoc nato prima del Covid per vendere le aree degli hotel aperte all’esterno.