Le misure in campo per il settore alberghiero hanno generato un volume di investimenti inferiore alle aspettative. Tax credit, bonus facciate, sismabonus, ecobonus, tutte agevolazioni con fattori di criticità.
di Stefano Bonini
La pandemia ha sicuramente accelerato tra gli addetti ai lavori del settore turistico la presa di coscienza dell’urgente bisogno di riqualificazione del patrimonio alberghiero italiano. Solo pochi operatori del settore hanno però declinato questa necessità in una scelta operativa, anche a causa dello scarso appeal degli strumenti legislativi e finanziari in campo.
I bonus che i numerosi decreti emanati hanno messo in campo per il settore turistico-ricettivo hanno alcuni aspetti incentivanti ma “risultano inadeguati alle esigenze di oggi” come afferma Maria Carmela Colaiacovo, vice presidente di Associazione Italiana Confindustria Alberghi (Aica), intervistata da Pambianco Hotellerie. Le misure in campo mancano di un vero e proprio approccio trasversale e globale rispetto all’azienda alberghiera e alle sue peculiarità, ed evidenziano come, nonostante gli sforzi fatti, il Governo non abbia ancora trovato il modo di supportare in maniera adeguata un settore strategico come quello alberghiero e le sue circa 33mila strutture (di cui solo il 66,5% ha tre o più stelle e dunque si presume possieda standard e comfort necessari per ospitare adeguatamente il moderno viaggiatore, soprattutto internazionale).
Dato che il tanto auspicato e agognato Superbonus 110% è una chimera per il settore alberghiero, gli imprenditori del comparto devono, volenti o nolenti, fare i conti con i bonus disponibili. A questo proposito Alessandro Nucara, direttore generale di Federalberghi, sottolinea che “l’impatto dei bonus esistenti ha riscosso grande interesse tra gli operatori e comunque ha avuto un impatto positivo sul mercato alberghiero”. Ma non quanto era lecito aspettarsi. L’emergenza pandemica ha determinato infatti una serie di rallentamenti rispetto alle decisioni di investimento degli albergatori e le condizioni prolungate di ‘pseudo-chiusure’ (nessun Dpcm ha infatti mai decretato la chiusura delle strutture ricettive ma ne ha impossibilitato la normale operatività bloccando le altre attività) hanno costretto diversi imprenditori alberghieri a selezionare i lavori di riqualificazione e ristrutturazione sulla base dell’operatività che i Dpcm medesimi lasciavano alle aziende fornitrici sulla base dei codici Ateco.
Un volume di investimenti inferiori alle aspettative quindi secondo Nucara e che la vice presidente di Confindustria Alberghi ritiene oltretutto legati ad alcune criticità dei bonus medesimi, pur a fronte dei benefici che comunque forniscono agli albergatori.
FATTORI CRITICI
Rispetto alle agevolazioni disponibili, Colaiacovo spiega che alcuni fattori critici ostacolano ristrutturazioni e riqualificazioni. Partendo dal ‘tax credit’, che comunque rimane la misura più trasversale del lotto perché il credito d’imposta è destinato a diverse spese di riqualificazione e miglioramento delle strutture ricettive (ristrutturazione edilizia; interventi di eliminazione delle barriere architettoniche; interventi di incremento dell’efficienza energetica; acquisto di mobili e complementi d’arredo) “è limitato ad un massimo di 200mila euro – afferma la vice presidente di Aica – ed e soggetto alla lotteria del ‘click day’, che negli anni precedenti ha visto esaurire le risorse disponibili nell’arco di pochi secondi. In più è riconosciuto alle sole imprese esistenti alla data dell’1 gennaio 2012, con la conseguente esclusione delle imprese di più recente costituzione, ed è un credito fiscale non cedibile utilizzabile esclusivamente in compensazione”.
Per quanto si tratti di uno strumento utile, necessita di un aggiornamento a partire proprio dal superamento del ‘click day’ con l’introduzione di una regola che, secondo Nucara, deve portare alla ripartizione delle risorse tra i vari progetti. E conciliarsi così meglio con la drammatica crisi di liquidità che stanno vivendo le imprese alberghiere oggi.
Passando al bonus facciate, Colaiacovo ribadisce “il fattore di criticità sta nel fatto che non tutti gli immobili possono essere destinatari della misura e che il credito non è cedibile e i tempi di fruizione sono lunghi (10 anni)”. Mentre per il ‘sismabonus’, il principale fattore di criticità secondo la vice presidente di Aica “è il massimale calcolato per unità immobiliare, che prescinde dalle dimensioni dell’immobile stesso e che evidentemente penalizza le strutture alberghiere. Inoltre i tempi di fruizione sono ancora troppo lunghi per le esigenze del settore”.
Infine per quanto riguarda l’’ecobonus’, i punti di debolezza sono, come sostiene sempre Colaiacovo, “il fatto che la detrazione va ripartita in 10 quote annuali di pari importo e che i massimali di detrazione variano in base al tipo di intervento effettuato (30mila, 60mila, 100mila), quindi molto bassi e calcolati per unità immobiliare”.
Tra tante criticità, emerge tuttavia una best practice che cerca in parte di superarle. La segnala Alessandro Nucara che, a proposito del bonus facciate e dei suoi limiti circa gli interventi e la localizzazione degli immobili, cita il caso virtuoso di Rapallo, dove l’amministrazione comunale ha equiparato la zona D alla zona A e B al fine di favorire ulteriori investimenti per riqualificare il patrimonio ricettivo locale.
URGENZA DI MISURE STRATEGICHE
Al netto dunque delle opportunità in campo è evidente che, nelle condizioni attuali, le misure a disposizione degli imprenditori del settore debbano essere migliorate e rafforzate, e le considerazioni di Federalberghi e Aica lo confermano, evidenziando anche, in una visione più generale dell’intero settore, l’improrogabilità di un sistema di sostegni e ristori almeno in linea con il peso delle strutture alberghiere in relazione alla percentuale di Pil generata.