Ceo sud Europa di Accor, Maud Bailly racconta la sua vision per l’ospitalità e il turismo che verranno. E spiega come usciremo dalla pandemia diversi ma migliori.
di Davide Deponti
Manager giovane e brillante, Maud Bailly diventa chief executive officer di Accor per il Sud Europa nell’ottobre 2020, in piena pandemia. Il suo è fin da subito un ruolo chiave per la ripartenza dell’ospitalità in una regione strategica per il comparto a livello europeo e mondiale, dovendo gestire e sviluppare il business del gruppo in Francia, Spagna, Italia, Grecia, Portogallo, Malta e Israele. Ecco perchè Pambianco Hotellerie ha voluto interrogarla sul presente e sul futuro del settore, oltre la crisi, per comprendere come sarà il travel che ci aspetta.
A fine 2019 Accor aveva risultati record, poi…
Si, il 2019 è stato un anno eccezionale: ebidta oltre 825 milioni di euro, 330 hotel aperti in tutto il mondo – quasi uno al giorno… – lancio del programma di fidelizzazione All. Tutto faceva pensare a un 2020 formidabile. Nessuno avrebbe potuto prevedere una crisi così: abbiamo perso quasi 2 miliardi di euro di fatturato nel 2020 con un Revpar a -62% sul 2019. Nel 2011, con la crisi dei subprime, avevamo perso il 12%. Invece, nel momento peggiore della pandemia, il secondo trimestre 2020, il Revpar è sceso del 90%. Da oltre un anno c’è però una ripresa lenta con segni di speranza, con un’estate 2020 migliore del previsto. Una cosa è certa: le persone viaggiano appena possono.
In questi lunghi mesi molti hanno investito per non fermarsi: anche voi?
Per il ceo Accor Sebastien Bazin ‘non dovremmo mai sprecare una crisi’ ed è fondamentale investire: in tecnologia, sviluppo, persone. Infatti nel 2020 abbiamo avuto 200 nuovi hotel con 30mila camere. Abbiamo rafforzato la posizione nel lifestyle, segmento in rapida crescita, con brand iconici come Mama Shelter, che aprirà a breve a Roma. E nei Paesi che gestisco il programma è di aprire un hotel ogni 4 giorni nel 2021. In Italia, dove abbiamo 80 hotel, faremo open emblematici, come l’Habita79 Hotel & Spa MGallery a Pompei e il primo 25hours a Firenze, e ristrutturiamo l’iconico Hotel La Minerva che sarà un Orient Express. E poi gli investimenti nel capitale umano grazie a vari programmi di formazione interna. Quanto alla tecnologia, questa crisi è un potente acceleratore per la digitalizzazione: abbiamo lanciato la chiave elettronica Accor Key, che permette un soggiorno ‘senza contatto’, e firmato un accordo con Microsoft per soluzioni di meeting ibridi. Il 55% dei nostri hotel sono già attrezzati per farli e puntiamo al 100% entro il 2022.
Questa crisi è stata affrontata nel modo giusto? Cosa serve per la ripresa?
Da un anno, ogni giorno, tocchiamo con mano la preoccupazione dei nostri proprietari sulla capacità di sopravvivere a questa crisi: dietro i marchi Accor ci sono centinaia di imprenditori. Le istituzioni hanno dato subito aiuti finanziari e a livello europeo si è aggiunto il piano di rilancio del turismo: noi abbiamo collaborato con tutte le autorità per difendere gli interessi del settore. Sappiamo che la ripresa dell’attività economica e turistica è legata alle vaccinazioni e all’abolizione delle restrizioni di viaggio. Lo vediamo in Israele, dove c’è già lo stesso livello di attività del 2019.
Come può uscire dalla pandemia un Paese così turistico come l’Italia?
Amo l’Italia: ho avuto la fortuna di lavorare a Roma e conservo un ricordo meraviglioso. L’Italia è un paese benedetto da risorse naturali e culturali, la quinta destinazione più visitata al mondo, con una varietà unica: mare, montagna, città d’arte. Ed è appena stato istituito un ministero del turismo che è una grande leva: è importante avere un forte coordinamento centrale, promuovere il Paese nel suo complesso, evidenziare le opportunità offerte durante tutto l’anno, fare investimenti per l’intero settore. L’Italia è una meta con un potenziale turistico eccezionale.
Tornando ai numeri: quando prevede che si tornerà a essere ‘in linea’?
Nonostante l’incertezza vediamo segnali di miglioramento, in particolare in Asia, con la ripresa della Cina, e in Medio Oriente, dove un forte dicembre a Dubai e negli Emirati ha visto tassi di occupazione vicini al 95%. Certo dobbiamo essere cauti: l’Europa soffre ancora ma siamo fiduciosi che i viaggi riprenderanno appena possibile. I nostri hotel nel Sud Europa sono aperti già al 90%, anche se l’attività è bassa. La ripresa partirà dai viaggi domestici per un bisogno di sicurezza del cliente che sceglie luoghi raggiungibili in auto per evitare trasporti di massa. Accor è ben posizionato in questo senso: il 50% dei nostri ospiti è ‘domestico’ e la nostra ampia diffusione geografica e il portafoglio diversificato ci avvantaggiano per la ripresa dei viaggi leisure. Ci aspettiamo così un aumento dell’attività leisure che ora è il 40% del business.
Che hotellerie si immagina per il futuro?
La crisi ci avrà insegnato a pensare in modo diverso, a reinventarci a causa dei cambiamenti nel profilo e nelle aspettative degli ospiti. Il futuro dell’ospitalità avrà la sicurezza davanti a tutto. Nessuna possibilità di tornare indietro: rassicurare i clienti sarà essenziale. Per il 77% dei nostri ospiti igiene, distanziamento e protezione condizionano la scelta dell’hotel. E vorranno più flessibilità: partire e tornare in qualsiasi momento con condizioni di cancellazione ad hoc. E grande dinamicità: il desiderio di viaggiare è radicato e forte come mai. Verso hotel multidimensionali: luoghi di lavoro, di meeting ibridi e di esperienze uniche con grande offerta f&b e intrattenimento. Anche più tech: la digitalizzazione era già una forte tendenza e ha accelerato con la crisi. Infine ci sarà più responsabilità: gli ospiti desiderano sperimentare ‘viaggi a impatto positivo’, fermandosi più a lungo. Credo molto in un hotellerie responsabile: siamo stati pionieri con programmi contro lo spreco alimentare e la plastica monouso. La pandemia ha rivelato una crisi ecologica e sociale ma la solidarietà non è mai stata così forte.
Avete creato un fondo di supporto ai dipendenti: come è nato?
Sono orgogliosa e molto grata a Sébastien Bazin che ha avuto l’idea e agli amministratori che hanno dato il 25% del dividendo pari a 70 milioni di euro al ‘All Heartist Fund’ che assiste i 300mila collaboratori del gruppo, impegnandosi a pagare le spese ospedaliere relative al Covid, per chi non ha assistenza o assicurazione. E ad aiutare chi ha problemi finanziari. Nel nostro DNA c’è l’accoglienza e abbiamo sviluppato progetti di assistenza in Francia donando 700.000 pernottamenti.
L’hotellerie ha molta occupazione femminile ma poche donne al top: perché?
L’ospitalità è stata a lungo un mondo maschile, ma le cose cambiano. Credo nella diversità come leva chiave per la performance collettiva e come contributo alla costruzione di luoghi di lavoro migliori. Due anni fa Accor ha rilanciato il network di diversità e inclusione, chiamato RiiSe: ha oltre 26mila iscritti in rappresentanza di diversi Paesi, culture, età, genere. Lo scopo è sostenere pari opportunità e pari scelte. E abbiamo obiettivi concreti: 30% di donne nel comitato esecutivo entro il 2022, 40% entro il 2025, 35% di direttori d’albergo donne entro il 2021, 40% entro il 2025 e parità di retribuzione entro il 2021.