L’ondata di acquisizioni di hotel di lusso in Italia da parte delle grandi catene straniere sta sollevando riflessioni tra gli operatori della Penisola. Aldo Melpignano, nel corso dell’evento Luxury Hospitality Conference, organizzato da Teamwork Hospitality a Milano, ha esordito dicendo che gli imprenditori italiani non possono competere con i grandi investitori internazionali: “Questi ultimi cercano di accaparrarsi gli asset più prestigiosi della Penisola – ha osservato il proprietario del gruppo San Domenico Hotels, che comprende Borgo Egnazia e altre masserie – e riescono nel loro intento. Accade poi che, nel 90% dei casi, questi hotel vengano gestiti dalle catene straniere. Secondo me invece è importante preservare l’ospitalità italiana, la gestione delle famiglie italiane, che fanno uno splendido lavoro. Bisognerebbe trovare il modo di aggregarsi o affiliarsi”. Melpignano ha raccontato a Pambianco Hotellerie che in Italia sono già presenti alcune realtà del lusso che hanno progetti di espansione, che hanno già una strada tracciata per diventare piccoli ‘gruppi’ e aumentare le loro dimensioni, mentre ha evidenziato la presenza di una ventina di alberghi indipendenti che sono molto ben gestiti ma ‘soli’. “Con questi – ha continuato – sarebbe utile un percorso di aggregazione per sviluppare sinergie. Per quanto riguarda noi, attualmente abbiamo 5 hotel e vogliamo arrivare a 10 nel giro di 5 anni”.
Tornando all’ingresso dei brand internazionali in Italia, Paolo Barletta, CEO di Arsenale, ha affermato nel corso dell’incontro: “Non sono preoccupato dell’arrivo delle catene internazionali nel nostro Paese, purché la loro presenza rimanga attorno a una quota del 25 per cento. Ci sarà un ritorno per il territorio perché il personale e i fornitori di prodotti e servizi saranno presumibilmente italiani. Questi investimenti possono comunque portare benefici”.
Alcide Leali, CEO di Lefay Resorts & Residences, ha fatto notare che “i grandi fondi un tempo erano interessati soprattutto alle big city, poi la diffusione del Covid ha fatto emergere l’interesse per il leisure. Ma le città italiane hanno una forte componente leisure e bleisure, per cui – ha concluso – sono convinto che a breve gli investimenti torneranno nelle metropoli”. Lorenzo Giannuzzi, amministratore delegato e direttore generale di Forte Village, ha aggiunto che durante la pandemia c’è stato, inevitabilmente, un turismo di prossimità: “Abbiamo avuto un’impennata di clientela italiana, che in ‘tempi normali’ solitamente si ferma al 20% sul totale presenze. Gli italiani ormai sembrano avere riscoperto il Belpaese, e penso che una percentuale di questi rimarrà fedele al nostro territorio, cioè tornerà anche negli anni a venire, dopo la pandemia. per l’anno prossimo l’advance booking è già in ascesa”.
Sullo stesso tema è tornato Michele Sambaldi, managing director di Pellicano Hotels: “Abbiamo apprezzato la clientela italiana, questa ‘sconosciuta’. Anche da noi la clientela è sempre stata prevalentemente straniera, ma devo dire che gli italiani sono molto sfidanti, perché sono particolarmente esigenti. Le bellezze del paesaggio e l’offerta del food non sono automaticamente ‘amazing’ per loro”.