Il mercato del turismo islamico ante pandemia vale circa 220 miliardi di dollari (Global Muslim Travel Index) e potrebbe raddoppiare grazie all’incremento demografico della popolazione musulmana e al suo crescente reddito. I viaggiatori islamici infatti, nel 2000 erano 25 milioni, nel 2020 sono saliti a 158 milioni e si prevede che nel 2026 il valore dei loro spostamenti toccherà quota 300 miliardi di dollari. Uno scenario dal qualel’Italia è quasi del tutto esclusa: è la rilevazione del team di lavoro del Dipartimento di Management dell’Università di Torino, guidato da Paolo Biancone e Silvana Secinaro.
“Un Paese come il nostro – ha sottolineato Biancone – vanta circa 58,3 milioni di turisti l’anno provenienti da tutto il mondo ed è ricco di monumenti che raccontano secoli di incontro tra la cultura occidentale e quella musulmana. Dovrebbe essere tra le prime mete del turismo Halal e invece manca un approccio complessivo in grado di creare una estesa rete di accoglienza che tenga conto delle peculiarità di un turismo che ha sì esigenze particolari, ma che è di norma alto spendente e qualificato”.
Per quanto riguarda il turismo halal, cioè il turismo rivolto alle famiglie musulmane che rispettano le regole dell’Islam, la capacità competitiva dell’Italia è al di sotto delle potenzialità, al punto che il nostro Paese non compare neanche fra le prime dieci destinazioni internazionali nel Global Muslim Travel Index, posizionandosi molto al di sotto di Germania e Francia, i Paesi europei che più si sono dati da fare per intercettare questo flusso di turisti. Ad esempio, il cibo ‘certificato Halal’ è un elemento chiave per l’attrazione di turisti big spender dei Paesi del Golfo, un’area in cui il settore del food & beverage halal nel 2019 ha raggiunto un valore pari a 1,4 miliardi di dollari.