Meno statunitensi, inglesi, brasiliani, canadesi, australiani a Montalcino, e più europei – tedeschi, belgi, olandesi – e soprattutto italiani. Il turismo nel borgo della provincia di Siena, noto per la produzione del vino Brunello, è tornato quest’estate agli stessi livelli pre-covid, con oltre 100mila presenze nei 4 mesi estivi e una ripresa sulle presenze 2020 che ha sfiorato il +60 per cento.
Il risultato è significativo perché si tratta di un’area enoturistica storicamente dominata dagli habitué statunitensi (in media rappresentavano il 20% delle presenze) oltre a tedeschi, inglesi e brasiliani. Di fatto, le presenze italiane sono cresciute dell’80% rispetto al 2019, mentre è calato del 30% il numero degli stranieri, sebbene nel confronto con l’estate 2020 l’incremento sia stato di oltre il 150 per cento. “Registriamo – ha detto il presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci – un effetto sostituzione che ci ha riportato esattamente in linea con il 2019. Oggi siamo riusciti a farci riscoprire dai turisti italiani e dagli europei più vicini, quelli che spesso danno per scontate le ricchezze che abbiamo nei territori rurali italiani; domani, quando torneranno anche dal resto del mondo, dovremo organizzarci per far posto a tutti, come è già successo prima della pandemia con i wine lover raddoppiati negli ultimi 10 anni”.
Un effetto sostituzione che questa estate ha visto i veneti prendere il posto dei brasiliani, i lombardi (+135%) degli statunitensi, i piemontesi – ma anche i romani, i marchigiani, i campani, i pugliesi – al posto di canadesi, australiani e danesi. Bene, nel complesso, anche gli arrivi dalla vecchia Europa, con la Germania che cresce del 10% e spodesta in testa alla classifica degli arrivi gli Stati Uniti, dimezzati dalle restrizioni ma non del tutto annullati, con circa 9mila presenze. Importante anche la crescita di Belgio e Paesi Bassi (attorno a +30%), come della Svizzera, dell’Austria e dell’emergente Polonia, tutte con incrementi attorno al 60%. Segno positivo anche per la Francia (+13%), ma nel piccolo eno-comune (6mila abitanti) tra i più conosciuti al mondo e con una densità di una struttura ricettiva ogni 35 abitanti, le facce nuove si riconoscono soprattutto in quelle arrivate dalla Lombardia, che ha quasi triplicato le presenze (circa 14mila), in quelle del Veneto, raddoppiate, ma anche da Lazio (+31%), Emilia-Romagna (+75%), Piemonte (150%).
Tra alberghi, agriturismi e strutture di accoglienza, sono 92 i complessi ricettivi a Montalcino cui giocano un ruolo fondamentale le aziende vinicole.
Oltre ai dati di Montalcino, a decretare il successo dell’enoturismo in Italia è stata la seconda edizione di DiVino Wine Hospitality & Travel, format dedicato al turismo enogastronomico di alta gamma che si è svolto dal 14 al 16 novembre scorsi in Toscana. Nel corso dell’evento, è stata avanzata una riflessione sulla figura del ‘collezionista’, non più solo acquirente, ma anche sempre più viaggiatore ‘per vino’, culturalmente preparato, in cerca di esperienze autentiche in luoghi unici e poco conosciuti, che permettono di scoprire un’Italia meno nota ma non meno suggestiva.
Con 2,65 miliardi di euro di fatturato e 15 milioni di enoturisti stimati dal 16esimo Rapporto sul Turismo del Vino nell’Italia del 2019, l’enoturismo è uno dei principali trend del turismo del Llusso degli ultimi anni, in crescita esponenziale, perché si concilia perfettamente con i valori di staycation, sostenibilità, consapevolezza e autenticità che cerca il viaggiatore contemporaneo.
“L’enoturismo è diventato un hot topic – ha osservato durante l’evento JC Viens, wine & luxury marketing advisor – che negli ultimi anni ha saputo catalizzare l’attenzione dei wine collectiors. In Italia c’è un grande potenziale da sviluppare: il prezzo del vino è ancora troppo basso, sebbene sia cresciuto del 43% negli ultimi 5 anni, resta comunque inferiore rispetto a quello d’oltralpe. I francesi però non vendono vino ma sogni. Ad essere determinante è l’attitudine e la motivazione dei consumatori – ha concluso – e infatti in Italia viene data attenzione ai wine lovers più che agli investitori e ai collezionisti”.