L’aumento esponenziale dei costi energetici rischia di mettere in ginocchio gli alberghi, che sono (di fatto) imprese energivore. Alcuni operatori del settore avanzano la proposta di una ‘energy tax’ .
Il caro-bollette è una sorta di ‘schiaffo’ per il mondo alberghiero, già duramente provato da due anni di pandemia che hanno fatto crollare i fatturati. Il conflitto russo-ucraino e le sanzioni perpetrate verso il Paese invasore hanno fatto il resto, non escludendo dinamiche speculative che hanno portato a una escalation della spesa energetica. I costi sono schizzati alle stelle, arrivando a tre, a quattro e anche a sei volte tanto quelli di qualche mese fa. Per gli alberghi si tratta di un salasso perché sono realtà, di fatto, energivore, funzionanti 24 ore su 24, con erogazione di elettricità e di riscaldamento che è indipendente dal numero delle presenze, dotate in alcuni casi di impianti vetusti che non hanno efficientamento energetico, e che, anche in caso di chiusura dell’hotel, necessitano di mantenere in funzione gli impianti. “Costi insostenibili – dichiara Maria Carmela Colaiacovo, presidente di Associazione Italiana Confindustria Alberghi – tanto più in un quadro di bassa, bassissima occupazione come quello che stiamo vivendo in questo momento. L’Italia ha oggi la quota maggiore, rispetto alle altre economie avanzate, di gas naturale (48%) utilizzato per produrre elettricità, quasi tutto importato dalla Russia (40%). Già nel corso del 2021, il prezzo dell’energia elettrica in Italia era salito del 400%, ma con lo scoppio del conflitto si è avuta un’ulteriore impennata”. Colaiacovo spiega che da inizio pandemia, così come riportato nel corso dell’audizione di Confindustria sul ddl di conversione del decreto legge n. 17/2022 ‘Misure urgenti per il contenimento dei costi dell’energia elettrica e del gas naturale, per lo sviluppo delle energie rinnovabili e per il rilancio delle politiche industriali’, il costo dell’energia è aumentato quasi di 15 volte, +1.497,8%, di cui +200% maturato negli ultimi due mesi. “È necessario – sottolinea – mettere da subito un tetto al prezzo del gas, così come vanno tagliate stabilmente e auspicabilmente in maggiore misura le imposte indirette sui carburanti visto che accise e Iva sono pari al 123% del costo del carburante. Gli alberghi non rientrano nella categoria delle imprese energivore per come le definisce la legge, ma è un dato di fatto che il costo della bolletta energetica è una delle voci più rilevanti per il bilancio di un’impresa del settore, e che questo risente solo in misura minima del tasso di occupazione”. Per dirla in parole povere, che l’albergo abbia ospiti o che sia vuoto, il contatore continua a correre. La presidente di Confindustria Alberghi ritiene comunque che sia impossibile, in queste condizioni, riversare in tutto o in parte l’aumento dei costi sui prezzi delle camere: “Il mercato non potrebbe sostenerlo, tanto più che Paesi nostri competitor come Francia e Germania hanno già adottato misure per calmierare l’impatto di questi aumenti sul sistema delle imprese e quindi anche per gli alberghi. È indispensabile adottare da subito tutte le agevolazioni possibili su aliquote fiscali e parafiscali della bolletta elettrica e del gas nei livelli massimi consentiti dalla disciplina comunitaria, e sterilizzare tutti gli effetti incrementali che si scatenano con l’aumento di tutti i prezzi energetici. Non serve la rateizzazione delle bollette, ma un intervento sostanziale, diretto sui prezzi con una prospettiva non a tre mesi ma almeno per l’arco dell’anno corrente e possibilmente anche del prossimo. Accanto a questo sono necessari nuovi interventi a sostegno del settore alberghiero che si conferma ancora una volta uno dei più colpiti dalla crisi”. Si parla quindi di ristori, che però siano incisivi e proporzionati alle effettive perdite subite.
SPUNTA LA ‘ENERGY SURCHARGE’
Questa situazione drammatica ha spinto alcuni albergatori ad affrontare ‘di petto’ il problema e a pensare alle possibili soluzioni per calmierare, almeno in parte, l’aumento dei costi che arriva ormai a erodere quasi totalmente la marginalità. Un’idea la presenta Damiano De Crescenzo, direttore generale Planetaria Hotels e presidente Sezione Hospitality Gruppo Turismo Assolombarda: “Parlando con altri albergatori, abbiamo pensato che l’applicazione di una ‘energy surcharge’ potrebbe essere una valida soluzione. La nostra proposta è di non alzare le tariffe, perché la variazione dei prezzi ‘di listino’ dipende dal mercato. Invece è più equo un supplemento ‘fuori’ dalla tariffa, una sorta di extra da addebitare, come già succede per la tassa di soggiorno. Si tratterebbe di una maggiorazione temporanea, fino a quando dura lo stato di emergenza. In questo modo, si farebbe ai clienti un’offerta trasparente e confrontabile”. La proposta è condivisa da Giancarlo Carniani, GM di ToFlorence Hotels e vicepresidente di Confindustria Firenze: “Il mondo dell’hotellerie fatica a trovare soluzioni, ma altre realtà hanno già adottato queste misure. Ad esempio, alcune strutture di affitti brevi hanno già introdotto questa maggiorazione ai prezzi di soggiorno”. Dello stesso parere è Gianluca Capone, owner e CEO di Italian Hotel Company e socio di Federalberghi Roma, che avanza un’altra riflessione: “La proposta è interessante, aggiungo però che sarebbe opportuno sostituire la tassa di soggiorno con la ‘energy surcharge’, altrimenti il carico sulla clientela diventerebbe eccessivo e gli alberghi finirebbero con il perdere competitività”.