Si fa strada un nuovo approccio nella ricerca del personale. non è più l’hotel a selezionare le persone in base ai curricula ma sono loro a scegliere con quale struttura lavorare. questo significa che gli alberghi devono adottare strategie per attirare (e fidelizzare) i candidati ideali.
Sul tavolo arrivano pochissimi curricula. Gli hotel non trovano personale e ne hanno più che mai bisogno, perché, usciti da due anni di ‘fermo macchine’, le prenotazioni hanno ripreso a correre. Le motivazioni di questa emorragia sono molteplici e le prova a sintetizzare Lorenzo Bighin, direttore operations e direttore risorse umane di Th Group: “Il periodo di ‘fermo’ per molte strutture in seguito alla pandemia ha portato a una riflessione che ha fatto emergere problemi che in realtà erano già presenti”. “Il Covid – aggiunge – è stato un acceleratore. Anche il reddito di cittadinanza è una concausa, che tra l’altro colpisce solo le fasce più basse dei lavoratori, ma in generale emerge una sorta di disaffezione a questo lavoro e io la riconduco a una mancanza di prospettiva e a una carenza di professionalità che portano a recepire questo lavoro come un ripiego e non un percorso di carriera. Va anche tenuto conto che molti operatori sono rimasti a casa per più di un anno, quindi è subentrata in loro la consapevolezza che questo lavoro non sia cosi affidabile”. A ciò si aggiunge l’aumento dell’offerta, cioè la nascita di molti nuovi hotel nella Penisola, che fa polverizzare la domanda in molteplici realtà. “Il problema è che non stiamo affrontando la questione in modo giusto” interviene Michele Sambaldi, managing director di Pellicano Hotels, facendo riferimento alle affermazioni che si susseguono nel settore (‘Non ci sono più i giovani di una volta’, ‘Non c’è spirito di sacrificio’, ‘Tutta colpa del reddito di cittadinanza’). “Tutto questo è parzialmente vero – sostiene – perché in realtà le persone lasciano il settore per colpa del settore, che non è in grado di cambiare. I ragazzi di oggi sono portatori di nuovi bisogni, diversi da quelli con i quali siamo cresciuti noi. Ad esempio il tempo libero e la vita privata hanno un valore sempre più importante. Non è vero che i ragazzi di oggi sono lavativi, perché tanti fanno attività di volontariato, e questo non è un sacrificio? Diciamo piuttosto che cercano un posto di lavoro che sia in linea con i loro valori e che dia un senso alla loro vita”. L’approccio che sposa Sambaldi è quello di accettare il cambiamento e cavalcarlo, non di opporsi. Da questa consapevolezza ne deriva un’altra, ovvero che oggi è il lavoratore che sceglie l’albergo e non è più il contrario, e questo significa che l’hotel deve essere in grado di attrarre i talenti. Concorda con questa affermazione il CEO di Shedir Collection, Claudio Ceccherelli: “Premetto che la difficoltà a reperire il personale è un problema avvertito a livello mondiale, che non riguarda solo l’Italia. Ciò detto, il collaboratore ‘ideale’ si deve attrarre perché è diventato più selettivo nella scelta, cerca una realtà ‘seria’ e prende in considerazione i valori che un’azienda gli trasmetterà e quale futuro propone. Anche il processo di recruiting deve cambiare. Un tempo si dava molta importanza alle esperienze effettuate dal candidato, oggi io valuto soprattutto l’aspetto attitudinale della persona. Il fatto che abbia lavorato in un hotel di fama internazionale o che abbia un curriculum ‘importante’ è secondario”. Ceccherelli spiega che il colloquio deve essere mirato a capire se il candidato ha un atteggiamento empatico, sincero, se è in grado di dimostrare a un ospite dell’albergo che “ha piacere nel dare piacere”. In altre parole, l’approccio è più importante dell’esecuzione materiale dell’attività. Il tema della carenza del personale ha un’accezione ancora più urgente nel mondo del lusso, perché l’approccio di chi si prende cura dell’ospite è quello che spesso fa la differenza in un hotel di alta gamma. “In sei mesi – conferma Ceccherelli – siamo passati da due hotel lusso a quattro, e la ricerca dei collaboratori è stato un momento cruciale. Sono loro il motivo del successo, perché sono in grado di creare un’atmosfera intima e di accogliere gli ospiti come fossero padroni di casa”. Ciò significa che non sempre la struttura più bella è quella che ha il maggiore indice di gradimento. Quest’ultimo dipende anche dall’atmosfera dell’ambiente, dal modo in cui si è accolti, dalla capacità del personale di immedesimarsi nelle esigenze del cliente.
IN CAMPO CON NUOVE STRATEGIE
La prospettiva, dunque, comincia a cambiare e l’attenzione di alcuni albergatori si sposta su ‘cosa fare’ per attrarre e trattenere i talenti. Pellicano Hotels sta ragionando su ciò che “fa stare meglio” i collaboratori, come illustra Sambaldi: “Offriamo turni di lavoro ragionevoli, il più possibile flessibili nei giorni di riposo e nelle ferie, e attuiamo una politica retributiva facendo attività di benchmarking, cioè monitorando se lo stipendio per quel determinato ruolo è allineato con il benchmark del settore”. Il manager aggiunge che sta lavorando sull’employee journey, cioè sui punti di contatto del candidato nella fase di ricerca: “Vogliamo lavorare a livello ispirazionale, cioè far percepire meglio la nostra realtà, ad esempio il nostro impegno per la sostenibilità del pianeta, grazie alla partnership con Marevivo, onlus che si batte per la tutela della biodiversità marina, nonché l’acquisto di energia da fonti certificate”. Il tema della brand reputation è dunque importante. E a questo se ne aggiunge un altro, quello della formazione: “Questi due temi sono legati – osserva Bighin – perché un’azienda seria fa anche training. Il 35% dei candidati che seleziono mi chiede se l’azienda fa academy. Da tanti anni, Th Group collabora con istituti alberghieri e con centri di formazione professionale. Inoltre, abbiamo una scuola interna all’azienda, che si svolge soprattutto nei periodi in cui le strutture sono chiuse. Per molti, l’academy ha un valore premiale”. Attenzione al benessere dei dipendenti anche in casa Falkensteiner Michaeler Tourism Group, gruppo altoatesino che conta 31 strutture ricettive in Europa, di cui nove in Italia. Il presidente e owner Erich Falkensteiner illustra in cosa consiste questo impegno:”Abbiamo predisposto il baby club e il kindergarten per i collaboratori che hanno figli piccoli, e abbiamo avviato un programma loyalty che offre molte opportunità, come massaggi settimanali gratuiti e la possibilità di trascorrere con la famiglia le vacanze nelle nostre strutture con riduzioni di prezzo fino al 90 per cento. A questo si aggiungono diverse opportunità di formazione, ma il benefit che ritengo più importante è il luogo in cui soggiornano i collaboratori. Purtroppo, molti alberghi fanno dormire i dipendenti in posti inadeguati, invece noi creiamo sempre appartamenti dignitosi vicino all’hotel dove lavorano. Per molti, questo fa la differenza”.
VERSO IL FU-TURISMO
Un capitolo a parte, all’interno di questo approccio di valorizzazione del personale, lo merita Michil Costa, che gestisce tre alberghi tra cui lo storico Hotel La Perla a Corvara, in provincia di Bolzano. L’imprenditore persegue una filosofia che si basa sull’economia del bene comune e sulla condivisione delle decisioni. “L’ospitalità – racconta – è un concetto che riguarda non solo gli ospiti ma deve essere esteso anche ai collaboratori. Tutti i lavoratori vanno integrati nella gestione aziendale, ognuno deve essere coinvolto ad ogni livello e deve avere potere decisionale sulle scelte da prendere. L’importante è creare spazi di discussione in cui tutti gli operatori, compresi camerieri e housekeeper, possano esprimere il loro parere sui cambiamenti che si vogliono apportare alla gestione dell’hotel”. Sulla base di questa filosofia, Costa vorrebbe fare un passo in avanti: “Vorrei che i collaboratori si autogestissero i loro stipendi, cioè che siano loro a decidere quanto è giusto guadagnare in base al lavoro che fanno e alla realtà in cui operano. Non ho timore che facciano i ‘furbi’, perché loro conoscono i bilanci, tutti i lavoratori sanno quanto fattura la società, sanno che la famiglia Costa non prende dividendi e conoscono qual è l’incidenza del costo del personale. Il mio obiettivo è far crescere questi ragazzi, voglio che siano in grado di ragionare da imprenditori e che abbiamo uno sviluppo professionale e umano”. Costa va addirittura oltre, con un sogno nel cassetto: “In futuro vorrei che gli stipendi venissero pagati in base ai bisogni di ognuno. La mia idea è che la persona che ha più necessità, ad esempio una madre con tre figli, debba essere pagata di più rispetto a colui che ha minori esigenze, a parità di lavoro. È un concetto estremo, ma molto importante per me e so che sarà difficile da accettare per i miei manager. Io non impongo la mia volontà, tutte le decisioni devono essere prese insieme con i manager e tutti gli operatori, per cui avanzerò questa proposta e nel tempo si discuterà”.
NUOVE FIGURE PROFESSIONALI
Queste idee, quasi rivoluzionarie in un settore che bolla il rifiuto di candidarsi da parte dei giovani come fosse ‘lesa maestà’, riguardano la situazione attuale ma anche lo sviluppo futuro della professione. Il ‘capitale umano’ è oggetto di molte riflessioni che probabilmente porterà a un’evoluzione dei ruoli e al sorgere di altre professionalità. “C’è bisogno di una nuova classe di manager nel turismo” spiega Bighin, riferendosi alla necessità che queste figure dovranno dotarsi di strumenti aggiornati per affrontare situazioni che un tempo venivano risolte semplicemente con il tradizionale ‘buon senso’. La richiesta di competenze sta cambiando: “ Oggi non è più sufficiente la formazione tecnica – illustra il direttore risorse umane di Th Group – e anzi, al 95% contano le soft skills. È importante che il manager sappia come gestire il team, come gestire i conflitti interni, sviluppare le relazioni. Le nuove figure devono essere dotate di non cognitive skills, quindi di competenze relazionali, comunicazione, problem solving e capacità di lavorare anche sul linguaggio del corpo”. Il manager di domani dovrà anche possedere una preparazione completa sugli strumenti digitali, per fare emergere eventuali problemi e risolverli. La digitalizzazione è una delle conseguenze della pandemia che è destinata e a rimanere.