Due anni di pandemia hanno lasciato ‘per strada’ diverse realtà dell’ospitalità, nonché dato la spinta agli investimenti nel Belpaese di grandi gruppi internazionali, in particolare del lusso. Di conseguenza, è in atto nella Penisola un processo che modifica la ‘geografia dimensionale’ del sistema alberghiero. Ne ha parlato Giampiero Schiavo di Castello Sgr, durante l’Hospitality Forum 2022 organizzato con Scenari Immobiliari, sottolineando come sta cambiando il rapporto tra strutture indipendenti e catene in Italia: “Se i numeri ufficiali – ha commentato Schiavo – parlano di 32mila strutture e di un milione di camere nella Penisola, questi numeri vanno depurati dagli alberghi che hanno chiuso dopo due anni di pandemia e da quegli asset che non riescono a riposizionarsi. Io stimo che un 20% di realtà presto non saranno più sul mercato. Di conseguenza, il ‘peso’ delle catene in Italia non sarà più il 5% ma un valore più alto, oltre al 10 per cento. Questo significa che c’è ancora un gap da colmare ma la tipologia degli attori in gioco è cambiata. Questa nuova realtà crea appeal per gli investitori”.
Rimane però un problema dimensionale che caratterizza il tessuto imprenditoriale alberghiero del Belpaese. Lo ha sollevato Massimo Garavaglia, in collegamento video con l’Hospitality Forum: “I trend di crescita sono rilevanti, in particolare i 5 stelle sono aumentati del 65 per cento. Eppure, considerando 4 stelle e 5 stelle, si raggiunge solo il 20% delle strutture diffuse nella Penisola, percentuale che raddoppia a Milano raggiungendo il 41 per cento. Il problema però – sottolinea- è che gli hotel hanno dimensioni troppo ridotte. In Italia il sistema alberghiero conta 33 camere in media, mentre in Spagna il numero sale a 47. Abbiamo necessità di crescere e di aumentare le stelle, perché questo migliora il rating bancario”.
Nel corso dell’evento, si è parlato anche del tema ‘prezzi’, che sono saliti e a volte “in modo ingiustificato” come ha osservato Fabio Braidotti di Ey: “È vero che le persone spendono lo stesso – ha aggiunto – ma non succederà più l’anno prossimo. Ci sarà una correzione del pricing medio, anche perché il debito è più caro”. Claudia Bisignani di Jll ha aggiunto che l’incremento del RevPar segnalato lo scorso maggio in alcune destinazioni, e in molti casi superiore al 2019 soprattutto nel settore lusso, è legato proprio all’aumento dell’Adr, dato che i tassi di occupazione sono rimasti inferiori del 20-30% rispetto a maggio 2019. Sempre sul tema, Paolo Barletta di Arsenale ha osservato che è l’aumento della domanda a guidare l’aumento delle tariffe: “Gli incrementi non sono legati solo alla pressione inflazionistica, ma anche, e forse soprattutto, al rapporto domanda-offerta. Inoltre, un fenomeno che si sta stabilizzando nel post-Covid è l’aumento dei viaggi leisure: i business trip sono diminuiti del 30%, compensati però da una crescita del 40% dei viaggi di piacere. Sono convinto che il leisure continuerà la sua corsa in futuro, spinto anche da un aumento della permanenza media, fenomeno legato allo smartworking e alla possibilità di lavorare da remoto”.