Impianti aperti, ma marginalità fuori gioco. Queste sono le previsioni per la prossima stagione invernale di Anef, associazione nazionale esercenti funiviari, in merito all’incognita-prezzi che cadrà pesantemente sul turismo della neve, in seguito alle bollette energetiche triplicate. I fattori di incertezza in realtà sono molteplici, dall’instabilità dei mercati dell’Est Europa, all’inflazione, fino all’aumento dei costi delle materie prime. Dopo due anni di crisi pandemica, si profilano quindi tante incognite all’orizzonte.
Al momento, comunque, non sono previste chiusure di impianti, anche se le imprese che li gestiscono rischiano di perdere marginalità. “Andiamo da un’incidenza della bolletta energetica intorno all’8-10% a tre volte tanto – ha dichiarato Valeria Ghezzi, presidente dell’Anef a Pambianco Hotellerie – quindi il margine delle imprese è a rischio. Il nostro settore non è in grado di adottare un sistema di energy management, dipendiamo dalle condizioni metereologiche e facciamo neve quando è possibile farlo”.
In risposta ad un’incidenza così alta dei costi energetici, le imprese inevitabilmente spingono i prezzi. È il caso del comprensorio sciistico Dolomiti Superski, che per la prossima stagione invernale ha incrementato i prezzi del 20% rispetto alla stagione 2019-2020 e del 10% rispetto all’anno scorso, stando a quanto riportato da Il Sole24Ore. Lo skipass giornaliero in alta stagione costerà 74 euro, 7 euro in più rispetto al 2021 e 12 in più del 2019-2020.
Intanto, il ministro del Turismo Massimo Garavaglia in una nota stampa ha dichiarato che il credito d’imposta sull’incremento dei costi di energia, previsto per le imprese turistiche-termali e della ristorazione, si potrebbe utilizzare “per la decontribuzione personale ottobre 2022-marzo 2023. In questo modo ne beneficeranno gli impianti turistico-ricettivi che rimangono aperti: montagna-terme-città d’arte”.
Un altro ‘aiutino’ al turismo montano potrebbe venire dalla svalutazione dell’euro a favore del dollaro che recentemente ha attratto molti turisti statunitensi nelle citta d’arte europee. Ci si domanda, dunque, se lo stesso fenomeno accadrà anche su Alpi e Appennini italiani quest’inverno. “Sulle nostre montagne – continua Valeria Ghezzi – la clientela americana non è predominante, salvo alcuni posti circoscritti. Il potere del dollaro potrebbe, certo, attirare un maggior numero di turisti dagli Usa, ma non credo che saranno numeri decisivi per la stagione”.
Il rischio è che quest’inverno vada peggio di quello scorso, che aveva riportato risultati piuttosto negativi. “Il fatturato medio relativo all’attività funiviaria si aggira tra gli 800 e gli 850 milioni che crescono a 1,2 miliardi se si considerano anche i ricavi di altra natura compresi quelli di bar e rifugi gestiti dalle società funiviarie. La stagione invernale 2021-2022 è stata piuttosto lontana da questo risultato in quanto è mancato completamente il mercato degli stranieri. In tal senso la scorsa stagione è risultata in linea con le annate peggiori registrate tra le quali quella del 2018/19”, ha concluso la presidente. “Tuttavia, che la stagione passata non sarebbe stata eccezionale lo avevamo messo in conto e le cose sono andate meglio di come avevamo previsto”. Intanto le aziende devono fare i conti anche con il cambiamento climatico. “Nell’ultimo decennio, per far fronte alle difficoltà provocate dal riscaldamento globale abbiamo investito molto per migliorare gli impianti di innevamento, permettendo di creare più neve in meno tempo”.