Accelerano del 40% le transazioni immobiliari alberghiere nel primo semestre 2022 in Italia, per un valore di 755 milioni di euro. Si fa strada l’interesse verso località meno note, tra resort in campagna e hotel in montagna.
Gli hotel italiani tornano nel mirino degli investitori. Con la fine dei lockdown, il risveglio delle attività economiche e il ritorno dei turisti, il settore alberghiero ha ripreso a correre a livello immobiliare con transazioni cresciute del 40% nei primi sei mesi del 2022 rispetto ai valori registrati nello stesso periodo di un anno prima. A certificare questa accelerazione, tutti i più importanti broker internazionali che hanno rilevato, tra gennaio e giugno, decine di compravendite di hotel in Italia per un valore di quasi 755 milioni di euro (considerando solo le operazioni sopra i 20 milioni) oltre il 12% di tutte le operazioni non residenziali (ovvero uffici, negozi, logistica, rsa) concluse nel periodo (6,3 miliardi di euro).“Dalla primavera – spiega Elena Zanlorenzi, head of research di Savills per l’Italia – l’allentamento delle restrizioni Covid nel nostro Paese si è tradotto in un rimbalzo per il settore alberghiero. Sebbene le presenze turistiche nei primi mesi del 2022 siano ancora inferiori al livello pre-Covid, i turisti complessivi sono cresciuti di oltre il 35% e quelli internazionali del 46% rispetto al 2019 secondo Federalberghi”. La manager spiega che gli asset acquisiti comprendono tenute, resort e hotel di categoria 5 stelle, nonché hotel da ristrutturare completamente. “Le strutture alberghiere transate nei primi sei mesi del 2022 – continua – sono situate principalmente a Milano e Roma, oltre che in provincia di Sassari e Lucca. E in particolare un grande affare ha trainato i volumi, rappresentato da Castiglion del Bosco venduto dalla famiglia Ferragamo e gestito da Rosewood Hotels”. Un’operazione da 180 milioni di euro che, da sola, ha pesato per quasi il 25% sul totale delle transazioni alberghiere del semestre. Dieci milioni in più rispetto alla seconda più importante operazione sottoscritta tra gennaio e giugno, che ha portato Bill Gates a mettere le mani su uno dei più ambiti immobili di Roma, palazzo Marini, nei pressi della fontana di Trevi, Piazza di Spagna e via dei Condotti. In questo caso la transazione è stata chiusa per il tramite di Cascade Investment, holding di investimenti con sede a Washington riconducibile al patron di Microsoft. Secondo i ben informati, il palazzo passerà adesso attraverso un importante processo di ristrutturazione per poter essere trasformato in un hotel cinque stelle della catena canadese Four Seasons Hotels and Resorts, di proprietà proprio di Gates e del principe Al-Waleed bin Talal.
OPERAZIONI VALUE ADD
Di valore più contenute le altre operazioni che hanno animato il mondo dell’hotellerie italiano degli ultimi mesi. Tra queste, la vendita dell’hotel Majestic in Via Veneto a Roma rilevato da Boscalt Hospitality Fund per 84 milioni di euro, e il passaggio di proprietà dell’immobile di via Borgospesso 15 a Milano, ceduto dalla società Monfortino a un fondo immobiliare gestito da Antirion Sgr e sottoscritto integralmente dall’americana Hines insieme alla società di real estate investment management Blue Noble. “Il mercato dell’hotellerie italiano – osserva Simone Roberti, head of Research di Colliers International in Italia – è da sempre nel mirino degli investitori internazionali che a volte direttamente, altre per il tramite di veicoli di investimento domiciliati in Italia, acquisiscono i pezzi più ambiti del parco alberghiero per trasformali in hotel di lusso, cedendone poi la gestione a importanti catene internazionali”. Roberti aggiunge che l’attenzione si concentra per lo più su operazioni di tipo value add opportunistiche ovvero sull’acquisto di immobili da ristrutturare in location particolarmente interessanti e che, una volta valorizzati, possono rientrare sul mercato a un prezzo nettamente superiore a quello iniziale. In questo quadro si inserisce l’operazione conclusa da Bill Gates su palazzo Marini a Roma. Secondo uno studio condotto da Ernst & Young, il profilo degli investitori negli ultimi mesi ha mostrato, in effetti, un’equa distribuzione tra le varie classi, con una leggera prevalenza di private equity (26% del volume totale), seguiti da investitori istituzionali (23%) e hnwi/family office (22%). “Il cosiddetto vacant possession (ovvero l’acquisto di un immobile alberghiero in assenza di un contratto di gestione, ndr) – spiegano gli esperti di Ey – rimane l’opzione preferita dagli investitori per l’acquisto di hotel in Italia, rappresentando il 70% delle transazioni. Le acquisizioni di immobili sfitti comportano solitamente spese di capitale aggiuntive per la ristrutturazione e il rebranding degli hotel, aumentando il volume totale degli investimenti nel settore alberghiero. Si stima che gli hotel transati nel 2021 arriveranno a generare un capex aggiuntivo superiore a 400 milioni di euro nei prossimi due anni”. Ma cosa dire delle location? Al di là degli evergreen come Milano, Roma, Venezia e Firenze, l’attenzione del mercato sembra orientarsi anche verso mete meno conosciute. “La novità degli ultimi mesi – sottolinea Roberti – è proprio nell’interesse mostrato dagli investitori per località meno note, frutto dei cambiamenti di abitudini, anche turistiche, da parte del popolo dei vacanzieri. Non più soltanto le grandi città d’arte o le località alla moda della Sardegna o della costa ligure, ma anche resort immersi nella campagna, tra vigneti e colline, molto amati dai turisti del nord Europa e americani. Oppure gli hotel di montagna, una vera e propria miniera d’oro per il mondo dell’hotellerie, capace di generare il tutto esaurito non soltanto nella stagione invernale ma anche nei mesi estivi, a seguito di un sempre più marcato interesse del popolo dei vacanzieri per le settimane estive d’alta quota”.