Con piscine calde, saune e bagni turchi gli stabilimenti termali italiani sono nella morsa del caro-energia. Senza un intervento governativo per salvaguardare le aziende e i livelli occupazionali il rischio crisi per il settore è forte.
Emblema di relax e benessere, le terme in questo momento sono preda della preoccupazione generata dai rincari energetici che, su aziende energivore per definizione (per scaldare l’acqua, le saune, i bagni turchi), hanno un peso specifico particolare. In questo contesto il presidente di Federterme, Massimo Caputi, avverte: “Senza provvedimenti validi a fine anno vedremo centinaia di imprese del settore fallire”. E la wellness economy è un settore che in Italia, secondo gli ultimi dati del Global Wellness Economy Report, vale quasi 92 miliardi di dollari (quarto in Europa) e impiega circa 11mila addetti, attivi tutto l’anno. “L’anno termico da ottobre a maggio – prosegue il presidente di Federterme – sarà drammatico. Il sistema termale, già gravato da due anni di pandemia, attende un inverno critico. E anche se stiamo assistendo a una discesa dei prezzi in Borsa del gas e dei futures, non ci sarà un’immediata ricaduta sulle tariffe al consumo. L’allineamento tra prezzi di Borsa (all’origine) e prezzi al consumo (prodotto finito) ha tempi lunghi”. Ecco allora che diventa fondamentale disaccoppiare il prezzo del gas da quello dell’energia elettrica: “Ogni fornitore – afferma Caputi – potrebbe così vendere in base al prezzo dei propri costi di produzione e l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili costerebbe certamente meno. Interrompere questa correlazione avrebbe riscontri immediati in bolletta”.
APPELLO AL GOVERNO
Da tutto ciò si evince che un intervento istituzionale è auspicato. Secondo i dati di Federterme infatti il peso dei rincari energetici sui conti delle imprese termali è ormai insostenibile: “Attualmente su 320 imprese termali attive il 30% è già chiuso e la media calcolata sugli stabilimenti termali nostri associati – spiega il presidente – registra un incremento dei costi energetici del 147%, con un’incidenza sui costi totali passata dal 17% al 42%”. Caputi aggiunge che chiederà al governo un sostegno legato al credito di imposta per i contributi dei dipendenti e per esonerare le imprese termali, che restano aperte, dal loro versamento. “Questo differenziale – continua – eviterebbe di mettere il personale in cassa integrazione, e il recupero del credito d’imposta per gli oneri sociali premierebbe le aziende che rimangono aperte senza costituire un’uscita di cassa per lo Stato”.
Il presidente di Federterme chiama in causa anche il Pnnr: “ritengo fondamentale una sua revisione a favore del settore turistico. Stiamo ottenendo pochissimo da un piano che dovrebbe porre più attenzione (e risorse) alla riqualificazione delle imprese turistiche, specie sul fronte energetico. La Spagna ha destinato 24 miliardi di euro all’industria turistica nel proprio Next Gen Eu, l’Italia solo 1,8 miliardi, insufficienti per soddisfare le decine di migliaia di domande di finanziamento avanzate”.
I BENCHMARK NAZIONALI
Passando alle strategie messe in atto dalle aziende del termalismo italiano per combattere il caro-energia, l’amministratore delegato di Qc Terme, Andrea Quadrio Curzio, illustra la sua roadmap: “Prima di tutto implementando strategie di contenimento dei consumi, i cui costi per noi sono triplicati rispetto allo scorso anno. Lavoriamo per attenuarne l’aumento ma abbiamo poco spazio di manovra sul fronte di prezzi e ricavi. Anche la clientela del resto ha una minore capacità d’acquisto e non vogliamo né possiamo incidere sul valore della loro esperienza. Valutiamo quindi ogni nostro centro in modo singolo, tenendo conto delle peculiarità di ciascuno e cercando per ognuno la soluzione migliore: a volte è il fotovoltaico, a volte il pellet, a volte un migliore efficientamento”.
In questo contesto, già segnato da due anni di pandemia, appare chiaro che i piani di sviluppo ne possano risentire. “I progetti di Qc Terme stanno subendo un rallentamento – sostiene Quadrio Curzio – dopo il biennio pandemico e le relative pesanti restrizioni, e adesso esplodono anche i prezzi dell’energia che in 12 mesi sono passati da 3 milioni a 9,5 milioni di euro con un’incidenza sui nostri ricavi cresciuta dal 3,5% al 9%”. Il sistema termale sta cercando di trovare delle risposte, facendo rete in maniera trasversale anche con il settore del benessere e dell’ospitalità, ma non è facile. “Lo facciamo perché crediamo – dice l’AD di Qc Terme – di avere un ruolo strategico sia per lo sviluppo economico del Paese che per il miglioramento della qualità della vita delle persone”.
Identici problemi anche per Terme e Grandi Alberghi Sirmione. “Anche noi – sottolinea il presidente del gruppo Giacomo Gnutti – ci troviamo in difficoltà. Non abbiamo in campo strategie particolari, se non raccomandazioni di buon senso e maggior attenzione per evitare gli sprechi e ottimizzare i consumi. Grazie al fatto che la nostra azienda fa parte di un gruppo industriale che include un’azienda metallurgica (molto energivora), pur non avendo lo stesso sistema tariffario, abbiamo da anni un contratto collettivo che ci consente di avere tariffe proporzionalmente mitigate rispetto alle relative dimensioni aziendali”. Il presidente specifica che, grazie a questa tariffazione particolare, è stato quindi possibile contenere in parte gli aumenti, tanto che oggi, rapportando le utenze a consumi omogenei rispetto all’anno 2019 (2020 e 2021 non sono raffrontabili) nel periodo gennaio-settembre luce e gas hanno registrato un aumento del 95%, con un’incidenza sui costi delle attività di Terme di Sirmione raddoppiata dal 4% all’8%. “È evidente che dopo quanto abbiamo vissuto causa Covid – afferma il presidente Gnutti – questi incrementi riducono i margini di contribuzione economica delle nostre attività, ma non frenano assolutamente i nostri piani di sviluppo e consolidamento, che anzi stanno avendo un rilancio anche in termini di investimenti”.
Il supporto di Federterme è importante anche per il presidente di Terme di Sirmione che ne riconosce l’importante lavoro a livello politico e governativo per richiamare l’attenzione delle istituzioni nazionali sulle tematiche energetiche del settore. “Ma credo – conclude Gnutti – che data la portata internazionale del problema non dobbiamo aspettarci soluzioni realmente efficaci nel breve tempo”.