Il recente accordo tra Hilton e Voyager per la stazione orbitale Starlab accende i riflettori sull’ospitalità extraterrestre: è molto più vicina di quanto si immagina e i lavori sono già in corso. Sul piatto ci sono 430 mln di dollari.
La data prevista dagli esperti della Nasa è il 2027: per quell’anno le stazioni spaziali orbitanti saranno pronte per accogliere i primi turisti spaziali. Sembra incredibile, ma c’è chi aveva previsto tutto con molto anticipo, addirittura negli anni Sessanta del secolo scorso. Fu Barron Hilton, che allora presidente dell’omonima catena alberghiera ereditata dal padre Conrad, aveva un sogno: costruire un giorno il Lunar Hilton, primo hotel spaziale del gruppo. L’uomo non era ancora arrivato sulla luna ma mancava davvero poco e quella era considerata la ‘frontiera’ del turismo spaziale. L’idea di stazione orbitante sarebbe arrivata anni dopo, ma oggi che queste strutture si stanno organizzando per diventare anche spazi di accoglienza, c’è ancora Hilton in pole position. È arrivato a fine settembre infatti l’annuncio che Hilton Worldwide Holdings ha firmato un contratto per la progettazione di alloggi, spazi comuni e altre facilities all’interno della stazione spaziale privata Starlab, un progetto già in fase di realizzazione da Voyager Space Holdings.
“Nel prossimo decennio – racconta Simonetta Di Pippo, Direttore dello Space Economy Evolution Lab e professore di Space Economy alla Sda Bocconi School of Management – avremo attorno alla terra diverse stazioni spaziali, la maggior parte delle quali gestite da aziende private. Attualmente infatti, oltre a Starlab sono in fase di sviluppo anche altre stazioni, come Orbital Reef e Axiom Space. Oggi il turismo spaziale è agli inizi ma la strada è tracciata. Basti pensare che lo scorso luglio un imprenditore privato come Richard Branson con la sua compagnia ‘aerospaziale’ Virgin Galactic ha compiuto i primi voli primi suborbitali. Un evento epocale che ha generato varie discussioni: se alcuni dicono che si tratta di vacanze solo per ricchi, io invece credo che questi imprenditori siano dei pionieri che stanno aprendo la strada al futuro. Basta pensare che anche l’automobile all’inizio della sua storia era un mezzo solo per molto abbienti. Col passare del tempo le tecnologie diventano più fruibili e si abbassano i costi. Già oggi più persone vanno nello spazio più si capisce l’importanza dello spazio nel futuro dell’uomo”.
Investiti milioni di dollari
Il progetto che unisce Hilton e Starlab va proprio in questa direzione: la compagnia alberghiera infatti ha spiegato che oltre a progettare le sistemazioni per dormire, collaborerà con Voyager per esaminare le opportunità di marketing della stazione spaziale e costruire le esperienze degli astronauti che si troveranno a bordo. “Hilton è una delle più grandi catene alberghiere al mondo – spiega Dylan Taylor, Presidente e CEO di Voyager – e l’accordo con loro ci permette di guardare al progetto della stazione spaziale Starlab con occhi nuovi e di chiederci come possiamo inventare questa esperienza di turismo del futuro. Per decenni, le scoperte nello spazio hanno avuto un impatto positivo per la vita sulla terra e ora potremo utilizzare questo ambiente extraterrestre per migliorare l’esperienza degli ospiti ovunque le persone viaggino”.
Coinvolta nei progetti di sviluppo dell’ospitalità nello spazio c’è anche la Nasa, la grande agenzia spaziale americana, che ha destinato enormi fondi allo sviluppo di progetti per stazioni orbitanti. E
Voyager infatti è solo una delle società statunitensi che hanno ottenuto fondi attraverso il programma di sviluppo Commercial Leo Development, finalizzato alla costruzione delle future stazioni spaziali commerciali. Se Starlab ha ricevuto dalla Nasa ben 160 milioni di dollari di finanziamento, al progetto di Axiom Space sono andati 140 milioni di dollari e 130 milioni infine sono stati aggiudicati al progetto per la stazione spaziale Orbital Reef. Quest’ultima nasce da un’idea particolarmente ambiziosa: a bordo della stazione, definita come un parco spaziale a uso misto e i cui moduli verranno costruiti sulla terra e poi trasportati man mano nell’orbita terrestre, potranno soggiornare in comodità 10 ospiti. Tra le grandi aziende coinvolte nel progetto ce n’è una connessa col mondo del travel: è Boeing che ha il compito di sviluppare la capsula per il trasporto delle persone in orbita, proprio come fa per i trasporti aerei ‘tradizionali’.
Quello di Starlab è comunque il progetto più avanzato e inizierà la costruzione del primo modulo nel terzo trimestre del 2023. “Come ho scritto nel mio recente libro ‘Space Economy: la nuova frontiera dello sviluppo’ – aggiunge Di Pippo – crescerà esponenzialmente in poco tempo il numero delle collaborazioni tra aziende ‘terrestri’ e ‘spaziali’ per la realizzazione di progetti sempre più grandi di quella che appunto viene definita space economy. Anche il settore delle comunicazioni è ad esempio in grande sviluppo e la società Starlink, di proprietà del visionario magnate Elon Musk, che oggi possiede in orbita già 3.000 satelliti, ha in programma di arrivare ad averne 12mila per connettere al web anche quel 35% di popolazione terrestre che oggi non lo è. I voli orbitali come quelli di Virgin Galactic e le residenze spaziali come quelle di Hilton sono solo il primo passo. Un altro progetto in fase avanzata è quello che porterà la star di Hollywood Tom Cruise a girare entro il 2025 un film – di fantascienza naturalmente – sulla stazione spaziale Axiom. Infine, per quanto riguarda l’ospitalità nello spazio, non si lavora solo alla costruzione delle stazioni orbitanti. Per ambienti come quello della Luna o di Marte si stanno sperimentando forme di accoglienza sotterranee, in particolare sfruttando i cosiddetti ‘lava tubes’. Sono i canali che trasportano la lava delle eruzioni vulcaniche sotto la superficie e che una volta vuoti hanno le caratteristiche adatte per essere trasformati in protetti luoghi abitativi”.
La parola al design
L’accoglienza, anche quella spaziale, non è fatta però solo di strutture solide e ben organizzate, ma anche di spazi interni, ambienti abitativi che vanno pensati anch’essi con l’idea di mettere gli ospiti nelle condizioni migliori e più comode. Architettura e interior design sbarcano così insieme all’hotellerie nello spazio con l’obiettivo di aiutare a creare una qualità migliore anche per gli ambienti interni, rendendoli luoghi che possano assecondare al meglio quella che sarà la psicologia dei viaggiatori spaziali. Se un famoso designer come Philippe Starck ha lavorato agli interni della stazione Axiom, anche l’Italia è all’avanguardia: a gennaio 2023 infatti, apre all’Isia di Firenze il primo ‘Master in Space Design’. È una nuova disciplina progettuale che vuole portare alla progettazione di scenari che siano in grado di migliorare le condizioni di vita in un ambiente spaziale, anche alleviando le difficoltà psicologiche dello stare nel cosmo, coniugando nuove tecnologie a soluzioni creative, dettate da forte empatia e grande capacità d’immedesimazione. “Lo Space Design, come tutte le forme di progettazione – spiega Francesca Parotti, docente e coordinatrice del Master -, è una disciplina che si focalizza sull’uomo e i suoi bisogni. Non a caso, nell’ideazione e progettazione del corso, siamo partiti dall’analisi delle necessità dell’essere umano in un ambiente diverso come quello aerospaziale, normalmente estraneo al nostro habitat naturale”.