La filiera della ricettività in Italia torna a respirare dopo due anni terribili: il 2022 si chiude sfiorando i 400 milioni di presenze turistiche, con un balzo del 38,2% sul 2021. Un risultato decisamente positivo, anche se i livelli pre-Covid sfuggono ancora. A stimarlo è Assoturismo-Cst.
Il comparto registra dunque una robusta ripresa di arrivi e presenze, grazie soprattutto al forte aumento dei turisti stranieri e al rafforzamento della domanda italiana. Risultati positivi sono stati raggiunti dagli imprenditori della ricettività in tutte le regioni e per le diverse tipologie di prodotti turistici, ma in assoluto le città d’arte hanno registrato la crescita più rilevante.
Analizzando le stime, i pernottamenti nelle strutture ricettive sono 399,5 milioni, mentre gli arrivi si attestano su una crescita del 42,8% per un totale di 112,3 milioni. Nel confronto con il 2019 i dati segnano ancora il -8,5% di presenze e il -14,5% di arrivi. A trainare sono soprattutto i visitatori europei, anche se si rileva un forte aumento di viaggiatori dal nord America, Usa in testa.
Il forte recupero dei flussi stranieri ha dato il maggior contributo alla crescita: l’incremento stimato è dell’83,4% sul 2021 e in valori assoluti si tratta di 194,7 milioni di presenze, anche se la differenza con i dati del 2019 segna il -11,8 per cento. Il mercato dei turisti italiani, invece, ha registrato un incremento dell’11,9%, per un totale di 204,8 milioni di presenze (-5,2% rispetto al 2019). Il movimento nelle strutture alberghiere è stimato in crescita del 45,6%, mentre l’extralberghiero si ferma al +27,6 per cento.
Sulle previsioni per i primi tre mesi del 2023 permane un certo ottimismo ma con ampi margini di incertezza. L’opinione di oltre un quarto degli intervistati, su un campione di 1.334 imprenditori, è di una ulteriore crescita del settore, ma a ritmi decisamente più contenuti. Per il 54% le aspettative sono di una sostanziale stabilità del mercato e il 20% prevede invece una diminuzione dei flussi turistici. Le ragioni sono una crescita economica lenta dell’area euro, l’elevata inflazione e l’aumento dei prezzi dell’energia, aggravati dal prolungamento della guerra in Ucraina, che potrebbero rallentare la ripresa già nei primi mesi del prossimo anno.