La divisione hotellerie del gruppo Alpitour rappresenta tra il 5% e il 6% del fatturato ma è un numero importante dato che i ricavi totali hanno raggiunto 1,6 miliardi nel 2022 e puntano a un +30% quest’anno raggiungendo circa 2,2 miliardi. Le ragioni dell’investimento nel mercato alberghiero di un gruppo che lavora prevalentemente sul tour operating, oltre che sul comparto aviation, incoming e retail, le ha spiegate il presidente e AD Gabriele Burgio intervistato durante il primo Pambianco Hotellerie Summit, che si è svolto lo scorso mercoledì 8 marzo in Piazza Affari a Milano: “Ogni divisione ha le sue richieste di capitale e il suo ritorno, nonché il suo profilo di rischio come attività industriale, Ultimamente abbiamo dedicato più risorse agli alberghi perché danno una certa solidità e diminuiscono il rischio aziendale, lavorando noi come gruppo in tanti Paesi in via di sviluppo come Asia, Africa e i Caraibi. Aumentando il peso della parte hotellerie siamo riusciti così a diminuire il rischio ‘teorico’ derivante da queste aree del mondo. Per quanto riguarda la divisione aviation, abbiamo molti progetti legati anche al fatto che in questo periodo scarseggiano gli aerei nel mondo, e vorremmo quindi aumentare la flotta”.
La divisione alberghiera di Alpitour, che comprende Voihotels e Vretreats, ha fatturato 134 milioni di euro nel 2022 e prevede di archiviare il 2023 a 180 milioni. “Un tempo – continua l’AD – la parte alberghiera era uno costola di Alpitour, cioè gli hotel erano venduti al 100% dal tour operator. Un approccio che non trovo utile perché gli operatori dell’ospitalità devono abituarsi a competere sui servizi e sulla qualità, infatti oggi il tour operator rappresenta per la catena circa il 20% del fatturato”.
Per quanto riguarda l’immagine del nostro Paese nel mondo, Burgio ha sottolineato il forte percepito dell’Italia: “Ogni volta che viaggio all’estero sono sempre più sorpreso della potenza del brand tricolore. Ultimamente sono stato per lavoro in Arabia Saudita, in Oman e ad Abu Dhabi, ed è incredibile il valore che viene associato al nome Italia. Non ci rendiamo conto, sia noi operatori sia le istituzioni, della ‘potenza’ che rappresentiamo. Il problema quindi non è tanto investire sul brand-Italia all’estero quanto investire sulle infrastrutture e sulla qualità delle strutture del nostro Paese, soprattutto in funzione del fatto che la Penisola, come è emerso dal summit, dovrebbe puntare maggiormente su un turismo di alto livello”.