Le ultime frontiere del metaverso propongono la realtà virtuale come destinazione di vacanza tout court e allo stesso tempo come strumento di lavoro per
gli albergatori.
Si parla tanto di metaverso, soprattutto come chiave commerciale per l’ospitalità. Si tratta però di un futuro già passato, come ha spiegato a Pambianco Hotellerie Emma Chiu, Global Director di Wunderman Thompson Intelligence, think tank londinese che si occupa di innovazione industriale e comunicazione del futuro: “La nuova frontiera è espressa dai viaggiatori attratti da una vacanza virtuale, tanto che entro il 2026 molte città avranno una versione propria nel metaverso – ha raccontato a margine del suo speech andato in scena lo scorso novembre alla Stazione Leopolda di Firenze durante l’evento ibrido ‘Bto: Be travel onlife’ -. Virtualmente è possibile scoprire sia i posti che non si sono ancora visti, sia quelli già visitati per riviverne l’esperienza. Immaginare cioè attraverso la propria presenza nel metaverso ciò che si vorrebbe visitare, può essere un modo per spingere al viaggio ‘fisico’. Ma non solo. L’obiettivo che oggi si pongono i brand del travel globale è quello di arrivare a creare un metaverso che diventi esso stesso meta di viaggio, anche andando oltre i confini del virtuale. Una realtà cioè nella quale si possano utilizzare anche i propri sensi, ad esempio percependo sapori e odori”. Uno studio fatto da Wunderman Thompson su un campione di viaggiatori internazionali nel 2022 racconta infatti come per il 55% degli intervistati cinesi una vacanza solamente virtuale è da prendere in considerazione. Non si pensa più a luoghi mai visti che si desidera visitare o a mete già note da rivedere: l’obiettivo è di andare in luoghi virtuali però creati secondo i propri gusti e desideri. “Il mercato del turismo si è trasformato durante la pandemia – ha aggiunto Emma Chiu –, passando da un settore nel quale i turisti erano concentrati sul fare il maggior numero di viaggi possibili a un contesto nel quale il viaggio è diventato innanzitutto ‘evento’ e momento di esperienza. Anche virtuale da vivere nelle versioni digital delle destinazioni e degli hotel, i quali, appunto, stanno investendo per creare sempre più luoghi virtuali di vacanza”. Questo concetto sta per essere allargato e il settore vede all’orizzonte il nuovo modo di fare vacanza: andare alla ricerca di un viaggio ‘potenziato’. A ciò si aggiungono i comportamenti dei viaggiatori diventati ormai abituali. Secondo una ricerca presentata lo scorso novembre da Ipsos, la scelta della meta turistica passa sempre più spesso dal mondo digitale, tra ricerche fatte sui siti istituzionali (36%), degli hotel e non solo, esperienze condivise su blog e forum di viaggi (33%) e interazioni dirette con i brand del turismo sui social (13%). Tanto che oggi il 52% degli italiani dichiara di prenotare direttamente le proprie vacanze online, sulla scia di questo percorso digitale. Il cui prossimo step, secondo le previsioni di molti addetti ai lavori, è un engagement fatto attraverso il metaverso. Un luogo ‘virtuale’ e anch’esso inglobato nella rete e nel quale ognuno può utilizzare la propria identità o una nuova identità digitale – l’avatar – per entrare in contatto con altre persone e aziende, e svolgere attività sociali. Un’espansione virtuale del mondo reale. Parlandone in ottica turistica allora, il metaverso è già interpretato come lo strumento adatto a ridurre i limiti del tempo e dello spazio, consentendo ad esempio all’avatar di un possibile ospite di vedere la rappresentazione virtuale perfetta di un hotel, senza doversi muovere fisicamente da casa.
Business ‘immobiliare’
Oltre al ‘meta-turismo’, grazie alla proposta di realtà virtuali multisensoriali, un’altra applicazione delle tecnologie più all’avanguardia riguarda il mercato immobiliare dei ‘terreni’ virtuali, che si possono comprare per costruirvi le versioni digitali dei propri luoghi (anche turistici) reali. Il giro d’affari di questo settore, secondo gli ultimi dati pubblicati da Google, ha subìto un rialzo del 500% solo nell’ultimo anno e Greyscale, azienda americana specializzata negli investimenti in criptovalute, ha stimato che entro il 2030 questo mercato di beni e servizi varrà, a livello globale, un trilione di dollari.
Sempre secondo la survey Wunderman Thompson 2022, per l’82% questo vorrà dire trovare un luogo nel quale socializzare e conoscere persone, anche nel caso in cui questa destinazione fosse totalmente virtuale. Questo trend nasce, dice la ricerca, perché lo stress degli ultimi anni ha posto l’accento sull’ottimizzazione della mente e del corpo e, allo stesso tempo, il ritmo fulmineo della tecnologia vede la possibilità concreta della costruzione della vita direttamente nel metaverso. Le persone chiedono che le aziende, anche nel digitale, lavorino per migliorare la società, mettendo in primo piano l’accessibilità e l’inclusione.
Si parla per questo di ‘techcessibility’: le aziende devono pensare i loro ambienti digitali per garantire una maggiore accessibilità e interazione al cliente. E lo strumento principale di questo sviluppo è giocoforza il metaverso.
Al servizio del brand
Si è di fronte quindi a un nuovo approccio al metaverso, che va oltre alla digitalizzazione degli elementi reali come gli hotel o le destinazioni turistiche e nel quale inoltre si aprono nuovi scenari a disposizione delle persone. “Il futuro dei brand è sempre più connesso direttamente ai clienti e le relazioni con loro sono possibili grazie a queste esperienze che sempre di più si possono realizzare nel metaverso in modo che siano immersive, coinvolgenti e interattive”, ha spiegato Shantenu Agarwal, vice presidente of Soul Machines, azienda americana che si occupa di intelligenza artificiale. Sono modalità di interazione virtuale che si possono però legare anche a elementi organizzativi delle aziende come è ad esempio la formazione del personale. “Coinvolgere i propri dipendenti – ha spiegato Tracy Cosgrove, founder di Vrhti, Virtual Reality Hospitality Training International – è oggi fondamentale per far funzionare un turismo sempre più esperienziale, nel quale lo human touch fa la differenza; e farlo con la tecnologia è più efficace. Durante la pandemia abbiamo predisposto moduli di formazione per oltre 3.000 addetti del settore alberghiero, aiutandoli ad accrescere le loro skill oltre che ad apprenderne delle nuove, creando per loro dei format di apprendimento sul campo ma in modo virtuale. La capacità di formare il personale in queste modalità immersive e sempre disponibili al bisogno, nasce dalla necessità di trovare una soluzione per alcuni punti dolenti del settore dell’ospitalità, accentuati anche dal periodo pandemico: in primis il costante turnover del personale e il conseguente impatto dei costi di riqualificazione. È sempre più evidente alle aziende del settore infatti che l’avvicendamento del personale richiede una formazione ripetuta dall’alto verso il basso che raddoppia i costi da investire per le risorse umane”.