crescita dimensionale delle imprese turistiche italiane, spinta all’aggregazione, sviluppo focalizzato sulle acquisizioni di gestione, ricorso al franchising con brand internazionali: sono alcuni dei temi chiave emersi durante il primo pambianco hotellerie summit, dal titolo ‘il ruolo dell’italia nel nuovo turismo mondiale. prospettive e sfide future’, che si è svolto a palazzo mezzanotte a milano.
Il posizionamento dell’Italia nel mondo è destinato a cambiare. La Penisola è infatti un ‘contenitore’ piccolo da un punto di vista turistico, e, in prospettiva, la sfida del mondo ricettivo tricolore sarà quella di rivolgersi a una clientela di alto livello e non a un turismo di massa. È quanto è emerso dal primo Pambianco Hotellerie Summit, che si è svolto lo scorso 8 marzo a Palazzo Mezzanotte a Milano, con la partecipazione di top manager e imprenditori del settore intervistati dal CEO David Pambianco. Questa considerazione, cioè l’opportunità di rivolgersi a un pubblico altospendente, porta con sé anche la necessità di innalzare gli standard qualitativi delle strutture alberghiere. Obiettivo che, emerso nel corso del summit, sarà più facilmente raggiungibile attraverso modelli di business moderni che puntano alla separazione della proprietà immobiliare dalla gestione dell’hotel. Serviranno anche processi di consolidamento, fondamentali dal momento che, come hanno sottolineato i relatori che si sono succeduti sul palco, il mercato alberghiero, così come quello termale e del benessere, è fortemente frazionato.
mercato che ‘pesa’
In apertura di summit è stata presentata un’analisi dettagliata dei ‘pesi’ che delineano il mercato. Alessio Candi, consulting e M&A director di Pambianco, ha snocciolato i ‘numeri’ del settore: “Il mercato dei viaggi ha un ruolo importante per l’Italia perché vale quasi 200 miliardi di dollari nel 2022, ovvero il 10% del Pil nazionale, occupando quasi tre milioni di persone, il 12,5% dell’occupazione complessiva. Inoltre, il turismo ha da sempre una bilancia commerciale positiva”. Per quanto riguarda i flussi turistici nel Belpaese, nel 2019 si è assistito a oltre 64 milioni di arrivi internazionali, e, dopo una brusca caduta nel 2020 e nel 2021 causa Covid, nel 2022 si è verificato il rimbalzo con 51,4 milioni di arrivi internazionali (+91%), ma ancora indietro rispetto al pre-pandemia. Ampliando lo sguardo, nel mondo si contano 1,5 miliardi di arrivi internazionali nel 2019, e l’Europa, sottolinea sempre lo studio Pambianco, riveste un ruolo di primaria importanza da un punto di vista turistico nello scenario mondiale. Nel 2019 infatti il Vecchio Continente registrava il 51% del totale arrivi nel mondo (745 milioni), mentre nel 2022, anche per effetto della chiusura dell’Asia, arriva al 64% (585 milioni). Un dato importante ma ancora lontano dai numeri pre-pandemia. Segmentando il continente, l’Italia risulta il terzo Paese in Europa come arrivi internazionali, dietro Francia e Spagna. “Interessante constatare che l’Europa è il primo continente nel mondo per numero di arrivi – ha osservato Candi – e al suo interno l’Italia risulta il terzo”. Passando all’offerta ricettiva italiana, nel 2021 si stimavano 32mila alberghi, con un grande baricentro nei tre stelle (55% del totale) e quattro stelle (19%). Considerando invece l’evoluzione del settore ricettivo dal 2017 al 2021, si nota una decrescita degli esercizi fino a tre stelle, un buon incremento dei cinque stelle e un moderato aumento dei quattro stelle. Per quanto riguarda la provenienza degli ospiti, per gli alberghi da una a tre stelle la presenza internazionale nel 2021 è sotto al 30%, mentre raggiunge il 38% nei quattro stelle e addirittura il 60% nei cinque stelle.
da piccolo a grande
Passando a un altro tema cruciale, quello delle dimensioni, i 32mila alberghi italiani nel 2019 corrispondono a 22mila imprese, di cui il 74% ha meno di nove dipendenti e un fatturato medio di 300mila euro. Addirittura, considerando le aziende con meno di 20 lavoratori, queste rappresentano il 91% delle imprese ricettive in Italia, che sviluppano il 43% del fatturato complessivo. Sul versante opposto, cioè le imprese con oltre 250 dipendenti, si contano 47 aziende che hanno un fatturato medio di 62 milioni di euro. Considerando invece le imprese che hanno più di 50 addetti, raffigurano il 2% del totale e fatturano il 36% del giro d’affari complessivo. “Questo significa – ha specificato Candi – che il settore è estremamente frammentato e si prevede che, nei prossimi anni, su quel 91% di piccole aziende ci sarà una grande concentrazione”. Su questo tema si è espresso anche il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, intervenuto in collegamento, sottolineando che la crescita dimensionale deve passare anche da un upgrading: “Il nostro Paese non può essere una meta per tutti, oggi più che mai deve scegliere un posizionamento internazionale che punti su un target con grande capacità di spesa. Più viaggiatori ricchi arrivano, più è un bene per tutto il Paese. Basti pensare che, in media, la spesa di un turista va per il 50% all’hotel e per l’altro 50% sul territorio, permettendo di generare una crescita economica che riguarda tutto l’indotto, tra ristorazione, shopping ed esperienze culturali o ludiche”. Tornando al discorso delle dimensioni, Maria Carmela Colaiacovo, presidente di Associazione Italiana Confindustria Alberghi, si è interrogata sulle criticità della crescita: “Abbiamo avuto piccoli imprenditori che, con grandi sforzi, sono riusciti ad aumentare le dimensioni fino ad avere quattro o cinque hotel e si sono trovati penalizzati. Il piccolo non è bello, è vero, ma il grande non viene aiutato. Parliamo di aziende che crescono ma che rimangono comunque di limitate dimensioni, e che non vengono sostenute dai provvedimenti governativi e non ususfruiscono quindi di importanti opportunità. Noi lottiamo per abbattere questa barriera, che limita lo sviluppo del turismo in Italia”. La problematica del frazionamento è sentita anche dal mondo termale come ha spiegato Massimo Caputi, presidente di Federterme-Confindustria: “È assolutamente inderogabile una forma di consolidamento, come del resto è già successo in Francia dove il mercato è in mano a quattro grandi gruppi che possiedono l’80% del sistema termale d’oltralpe. L’Italia invece conta 300 complessi termali autorizzati dal ministero della Salute, i quali fanno capo a 290 proprietari”. Caputi ha aggiunto che il consolidamento permette il miglioramento della capacità gestionale, dei prodotti e del marketing, e ha concluso: “In Italia, se continuiamo con questa modalità di business, tra dieci anni saremo stritolati dalle major mondiali, che invece hanno reti molto più diffuse, nonché meccanismi di fidelity card con milioni di associati”.
crescono le catene
Caputi ha sollevato un altro trend che si sta verificando in Italia, ovvero l’avanzata dei gruppi internazionali nel Belpaese. La ricerca di Pambianco ha sottolineato che il 28% delle catene in Italia sono straniere (in aumento in media del 7% l’anno): “Ci aspettiamo – ha aggiunto Candi – una grande crescita della presenza dei brand internazionali in Italia nei prossimi anni”. Si parla di gruppi che hanno numeri a nove zeri. Considerando solo i primi cinque quotati al mondo, i valori di capitalizzazione sono rilevanti: nel 2022 la top five capitalizza quasi 115 miliardi di euro, che significa quasi tre volte il fatturato delle società, che complessivamente è stato di 41 miliardi di euro.