Non bisogna ‘proteggere’ il business ma imparare a competere, modificando qualità e tipologie dei servizi in funzione del mercato. Il presidente e AD Gabriele Burgio spiega la strategia ‘flessibile’ che ha trasmesso al gruppo che dirige.
Una realtà articolata, con un’ampia estensione di attività e con numeri che ‘pesano’. Il gruppo Alpitour ha generato un fatturato di 1,6 miliardi di euro nell’ultimo anno fiscale e prevede per il 2023 di superare i due miliardi. Conta una divisione tour operating, la compagnia aerea Neos, la unit alberghiera che comprende i marchi Voihotels e Vretreats, l’area incoming con la nascita di Contigo e la parte ‘retail’ con una joint venture insieme a Costa Crociere per la proprietà al 50% di 2.400 agenzie di viaggio. Ne illustra le strategie il presidente e AD Gabriele Burgio nel corso del primo Pambianco Hotellerie Summit.
Siete una realtà sui generis in Italia…
Siamo nati 76 anni fa e dato che le aziende del turismo in Italia hanno un’età media, secondo le statistiche, di nove anni, siamo molto soddisfatti. Siamo un gruppo che ha molti detrattori e molti ammiratori. I primi ci rinfacciano che, data la nostra estensione di attività, non si può riuscire ad eccellere in tutto, e invece noi difendiamo questo modello ‘allargato’ perché siamo riusciti a creare sinergie che hanno prodotto risultati interessanti. Nel 2019 è stata raggiunta una percentuale sul fatturato che non era mai stata realizzata nella storia del gruppo Alpitour e nel 2023 dovremmo ampiamente superarla.
Di che numeri stiamo parlando?
L’ebitda margin stimato è il 3,5% e può sembrare un indice piccolo per gli operatori alberghieri ma bisogna tenere presente che il nostro fatturato è generato in gran parte dal tour operating, settore che ha tradizionalmente margini ridotti ma, a suo vantaggio, nessun uso del capitale.
Il vostro modello di business è molto verticale?
Certo, ma non vogliamo che le nostre aziende lavorino solo per il gruppo. Ad esempio, la compagnia aerea genera il 50% del fatturato con i clienti di Alpitour ma la restante percentuale è realizzata con i clienti di altri tour operator e di strutture ricettive anche concorrenti alle nostre.
Quindi seguite il cliente anche per un ‘pezzo’ della catena?
Sì, questa è la nostra strategia perché dobbiamo essere competitivi e se c’è una formula sul mercato che ci sta superando dobbiamo reagire. ‘Proteggere’ il nostro business può farci perdere competitività. Per fare un esempio, alle Maldive stanno prendendo piede le stanze in affitto nei villaggi, e quindi siamo chiamati ad adeguare la nostra offerta.
Quali sono le ripartizioni di fatturato tra tour operating, voli e alberghi?
L’intermediazione turistica pesa circa il 60% sui ricavi del gruppo, l’hotellerie tra il 5% e il 6%, mentre la divisione aviation dovrebbe arrivare quest’anno al 30 per cento. Il business dei viaggi è molto aleatorio, influenzato da ragioni geopolitiche e sanitarie nei luoghi in cui si viaggia, per cui dobbiamo necessariamente dare più solidità al gruppo, anche perché è richiesto da azionisti e banche. Gli alberghi danno un forte contributo di ebitda e gli aerei ci permettono di essere flessibili e di spostare la flotta qualora subentrino difficoltà nel Paese di destinazione. Grazie a queste due divisioni, il profilo di rischio dell’azienda è molto diminuito in questi anni. Nel 2023 dovremmo crescere del 30% arrivando a circa 2,2 miliardi di euro.
Come sta andando attualmente la domanda?
Benissimo. Noto che nella clientela italiana, che rappresenta l’80%, si è verificato un cambio di priorità nei consumi. Già ai primi di marzo abbiamo avuto una valanga di prenotazioni per l’estate 2023, la vacanza è più pianificata. Facciamo dai 30mila ai 35mila preventivi al giorno, sono numeri che non abbiamo mai visto.
Quanto conta la tecnologia nelle vostre attività?
Nel tour operating tantissimo, infatti in tre anni siamo passati da 1.000 dipendenti a 950, in seguito al Covid, ma l’area informatica è salita da 40 a 140 addetti.
Come va il business degli aerei?
L’aviation è considerato un business pericoloso dalle banche e dagli investitori, perché per avere redditività bisogna superare determinati livelli di occupazione, e anche perché è legato al dollaro. Il leasing, i costi di manutenzione, i pezzi di ricambio sono tutti in dollari, mentre il carburante ha sia la volatilità del dollaro sia la volatilità del petrolio. Quindi diventa molto importante la gestione del rischio valuta. Su Neos inoltre abbiamo deciso di non fare cassa integrazione durante il Covid, per non perdere i qualificati tecnici che abbiamo e il know-how che sarebbe stato difficile sostituire. Proprio per la difficoltà a reperire il personale Lufthansa ha annunciato che cancellerà quest’estate 32mila voli, American Airlines ne taglierà oltre 50mila negli Stati Uniti. A noi è costato tanto non mettere nessuno in cassa integrazione, però il gruppo è rimasto integro e, quando il mercato è ripartito dopo il Covid, Neos era pronta a volare.
Quanto fatturerà quest’anno la parte alberghiera?
Stimiamo che la divisione chiuderà a 180 milioni di euro, di cui solo il 20-23% sarà generato attraverso il tour operating Alpitour. Questa ripartizione è una conquista, perché significa che la divisione alberghiera è riuscita a ‘liberarsi’ dal concetto tradizionale dell’hotel al servizio del tour operating.