Il turismo post-Covid in Italia registra alcune performance superiori rispetto alla media degli altri settori dell’economia nazionale. Lo rilevano le elaborazioni Isnart su dati del Registro delle imprese InfoCamere. Nello specifico, il numero delle imprese attive nel turismo, comprendendo tutta la filiera (alloggio, ristorazione, trasporti, agenzie di viaggio e tour operator, musei ed entertainment, ecc), sono 548.506 nel 2023, in crescita dell’1,14% sul 2019. Viceversa, il numero delle imprese attive nel 2023 del totale economia nazionale cala dello 0,78% rispetto al pre-pandemia.
Stesso discorso vale per gli addetti, che crescono più nella filiera turistica che nella media degli altri comparti italiani. Il 2023 conta nel settore viaggi un organico di 2.971.509 persone, quindi un avanzamento del 5,33% sul 2019, contro l’aumento dell’1,65% degli addetti nel totale economia.
I dati mostrano come, sul totale imprese del settore turistico, crescono le società di capitali e si riducono invece le società di persone e le imprese individuali. Nel 2019 infatti, le società di capitali rappresentavano il 25% del totale imprese, mentre nel 2023 la percentuale è salita al 29,2 per cento. Scendono invece le imprese individuali che nel pre-Covid coprivano il 47,6% del totale per arrivare l’anno scorso al 45,9 per cento. Stesso destino per le società di persone che passano dal 23,1% al 20,2 per cento.
Facendo una segmentazione geografica, Isnart mostra che le imprese turistiche sono cresciute soprattutto nelle regioni meridionali, e in particolare in Sicilia (+10,79%), Campania(+7,91%) e Calabria (+4,86%). Al contrario, il numero delle imprese cala in molte regioni settentrionali, come Veneto (-2,09%), Lombardia (-1,17%) e Piemonte (-0,56%).
Per spiegare questa crescita maggiore del numero delle imprese nel sud Italia, Isnart dichiara: “Le risorse del Pnnr messe a disposizione per il comparto ‘Turismo e Cultura 4.0’ ammontano ad oltre 8 miliardi e si stima che circa 2,9 miliardi (35%) siano destinati alle regioni del Mezzogiorno, quota solo leggermente superiore al 33% corrispondente al numero di imprese dell’area rispetto al totale nazionale. Sembrerebbe, quindi, che le imprese di Sud e Isole abbiano sfruttano nella maniera più adeguata le proprie potenzialità, in questa fase”.