Se già da qualche anno Barcellona non aveva più dato permessi ai proprietari di case che volevano affittare il loro appartamento ai turisti – tanto che circa 3.500 sistemazioni per affitti brevi erano state chiuse – entro novembre 2028 ci sarà un’ulteriore ‘stretta’. Il sindaco della città catalana, Jaume Collboni, ha infatti annunciato nei giorni scorsi che non saranno rinnovate le oltre 10mila licenze che al momento sono in vigore per permettere gli affitti turistici di altrettanti appartamenti in tutta la metropoli. Solo una settimana dopo ecco un’altra città spagnola a seguire l’esempio catalano: è Malaga. Anche la città andalusa ha infatti deciso di mettere un freno alla proliferazione degli alloggi turistici con un decreto comunale che limita le licenze alle sole proprietà con ingresso indipendente.
Pur non essendo una destinazione turistica globale come Barcellona, anche a Malaga la numerica degli affitti brevi è cresciuta senza freni: se infatti nel 2016 si contavano appena 846 licenze, nel 2024 sono diventate oltre 12mila. Restando sempre in Spagna, una misura simile era già stata attuata nella città di Palma di Maiorca nel 2018: il capoluogo dell’omonima isola delle Baleari aveva infatti stabilito un vero e proprio divieto di affittare appartamenti privati ai turisti. In quel caso il motivo del provvedimento nasceva dalle numerose proteste dei residenti contro la presenza in città di una costante grande massa di turisti. Per Barcellona e Malaga invece la causa scatenante è stata un’altra: il problema non sono infatti i turisti quanto il costo dell’affitto per chi è residente in città: negli ultimi anni, infatti, dopo il boom degli alloggi turistici, gli affitti sono aumentati in media del 68%, mentre il costo delle case è cresciuto del 38%, riporta Il Sole 24 Ore.
Se tutto verrà confermato dal 2029 a Barcellona non ci saranno più appartamenti per affitti brevi ai turisti, ma solo hotel e bed&breakfast tradizionali. Un grande cambiamento per i vacanzieri ma soprattutto per l’economia della città. Facendo un esempio con dati italiani, che però sono utili per illustrare in parallelo la questione, si vede come prima dell’avvento del business degli affitti brevi, lungo la Penisola l’industria alberghiera accoglieva in media all’anno più dell’80% delle persone che visitavano il nostro Paese. Invece, secondo le stime elaborate da Sociometrica per Federalberghi per il 2022, gli affitti brevi si erano assicurati il 42,3% del mercato – corrispondente a 178,2 milioni di presenze turistiche su un totale di 421,1 milioni – togliendone quindi circa la metà al mondo dell’ospitalità.
“La notizia di Barcellona crea un precedente per un riordino del problema delle locazioni brevi anche in Italia – spiega proprio il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca – dove, in primis nelle città d’arte, i prezzi degli affitti sono lievitati in maniera esponenziale impedendo ai cittadini residenti di misurarsi con un mercato sano delle locazioni. È ora che anche in Italia si prendano decisioni apparentemente impopolari ma che possano fare il bene del turismo e di chi vive nelle destinazioni più turistiche. Noi portiamo avanti questa battaglia sulla regolamentazione degli affitti brevi da tanto tempo: ma a oggi, fatta salva l’iniziativa del codice identificativo per le imprese ricettive, non si è ancora optato per una posizione più drastica”.