Il tasso di default delle società di capitali del settore turistico in Italia si attesta al 4,1% a fine 2023, stabile rispetto al 2022 ma si stima una crescita per la fine del 2024 in una forchetta tra +1,2 e +1,3 punti percentuali. Lo stabilisce Crif – Centrale Rischi Finanziari, società che offre analisi e informazioni creditizie per il controllo dei rischi finanziari.
Il settore, che comprende hotel, ristoranti, bar e agenzie di viaggio, già nel 2022 aveva una rischiosità superiore rispetto alla media delle società di capitali italiane, il cui tasso medio è 2,6 per cento. Le motivazioni le sottolinea Luca D’Amico, CEO di Crif Ratings: “Le imprese del settore del turismo hanno visto negli ultimi anni un’importante crescita del fatturato, beneficiando dell’aumento dei flussi turistici sia nazionali che esteri. Nonostante tale fenomeno positivo, a livello di rischiosità creditizia il settore si colloca su livelli superiori alla media, scontando un contesto di mercato fortemente competitivo e uno scenario macroeconomico incerto sia a livello nazionale che globale. Quest’ultimo continuerà a influenzare la rischiosità del settore anche nel 2024, con tassi di default attesi in crescita per fine anno”. Pesano dunque i conflitti in Ucraina e nel Medio Oriente, tassi di interesse ancora su livelli elevati sebbene in leggera diminuzione, nonché le incertezze in termini di traiettoria politica ed economica in Cina e le elezioni Usa.
L’analisi per micro-settori evidenzia che la ristorazione/bar registra la maggiore rischiosità di credito, con un tasso di default del 5 per cento.
Lo studio inoltre mostra che nel primo trimestre 2024 gli importi dei finanziamenti erogati alle società di capitali del settore turistico sono in lieve diminuzione (-1,4%) rispetto al pari periodo dell’anno precedente, anche se il calo è minore di quanto registrato dalla totalità delle società di capitali italiane (-3,6%). Sulle dinamiche agisce il permanere di tassi di interesse su livelli elevati, i cui primi segnali di riduzione si sono osservati solo a giugno 2024 (-25 punti base da parte della Bce).
Per quanto riguarda i pagamenti commerciali, cioè i pagamenti dei propri fornitori, il settore turistico soffre maggiormente rispetto alla media delle imprese italiane. Infatti, a giugno 2024 i pagatori puntuali in Italia rappresentano il 39,9% del totale, mentre i pagamenti con oltre 30 giorni di ritardo raggiungono il 9,5 per cento. Rispetto al dato medio italiano, il turismo registra meno pagatori puntuali (20%) e un maggior numero di pagatori con grave ritardo (17,4%). Va tenuto presente – dicono da Crif – che il settore è caratterizzato da tematiche di stagionalità che impattano sulle performance. All’interno del comparto turistico, maggiori criticità sono evidenziate da ristoranti e bar che presentano pagamenti puntuali solo nel 17,7% dei casi (contro circa il 28,7% rilevato su agenzie di viaggio e alberghi) e ritardi superiori ai 30 giorni nel 19,4% dei casi (percentuale più che doppia rispetto a quella osservata su agenzie di viaggio e alberghi).
Considerando lo scenario, il settore del turismo conta in Italia oltre 400mila imprese, suddivise tra agenzie di viaggio (circa 12.300 aziende), ristoranti e bar (circa 321.400 aziende) e alberghi (66.600 aziende). Il 97% si distribuisce tra ristorazione e ospitalità. Per il 41% si tratta di ditte individuali, seguite da società di capitali (33%) e di persone (25%). Poco più di un terzo delle imprese turistiche si concentra nel Mezzogiorno e nelle isole, a conferma della grande importanza di questi territori per trainare il settore. La regione con la più alta presenza è la Lombardia (13,5%), seguita da Lazio (11%) e Campania (10,3%).