Nuove ricerche sul mercato congressuale smentiscono quanto dichiarato recentemente da Icca (International congress and convention association), ovvero che l‘Italia sia al primo posto in Europa per numero di congressi ospitati. Infatti, il 65° report Uia (Union of international associations) mostra che l’Italia si trova nella sesta posizione nel ranking europeo per numero di meeting ed eventi, preceduta da Belgio, in pole position, e poi da Spagna, Austria, Regno Unito e Francia.
Sempre analizzando le classifiche di Uia, l’Italia nel 2007 risultava terza in Europa e quindi è evidente un calo negli ultimi anni. Lo sottolinea una nota della società Eureka Mice International, che si occupa di marketing congressuale: “Fino al 2007 l’Italia occupava costantemente le prime posizioni nella classifica mondiale del mercato congressuale internazionale. Oggi, invece, si trova in una posizione arretrata tra i Paesi europei a vocazione turistica. Considerando che l’Europa detiene da sempre oltre il 50% del mercato mondiale (57% nel 2023 contro il 23% dell’Asia, il 13% delle Americhe, il 4% dell’Africa e il 3% dell’Australasia/Oceania), l’attuale posizionamento dell’Italia è tutt’altro che soddisfacente”.
Il progressivo declino dell’Italia nel mercato congressuale mondiale – continua la nota – è attribuibile principalmente all’incapacità di adattarsi alle mutevoli esigenze di un settore in continua evoluzione, a investimenti mal indirizzati e a strategie di posizionamento inadeguate. Cioè, Le nuove tendenze emerse nel periodo post-pandemia stanno rapidamente e significativamente ridefinendo il modo in cui gli eventi vengono pianificati, organizzati e realizzati. In più, tagli alle sponsorizzazioni e ai finanziamenti, aumento dei costi logistici e di alloggio, difficoltà nell’attrarre partecipanti, nuove esigenze tecnologiche e attenzione alla sostenibilità sono solo fattori che stanno plasmando il nuovo assetto del mercato a livello globale.
In realtà, il mercato sta attraversando un periodo particolarmente florido grazie alla convergenza dei numerosi eventi precedentemente rinviati a causa della pandemia. Molti Paesi si stanno organizzando da tempo per rispondere alle nuove esigenze dei promotori e cogliere così nuove opportunità commerciali. L’Italia, probabilmente, nel tempo, ha perso competitività rispetto ad altre destinazioni che, seppur meno dotate, si sono dimostrate più reattive.
“Stiamo pagando errori importanti che affondano le radici nel passato – afferma Giancarlo Leporatti, CEO di Eureka Mice International – e principalmente l’incapacità di riconoscere i meccanismi fondamentali di questo settore: le logiche economiche, l’importanza dei grandi ricettori come i centri congressi, che sono motori dell’economia congressuale del territorio, e il ruolo centrale delle istituzioni e della pubblica amministrazione nel fare da tramite e da punto di riferimento per i grandi organizzatori”.
A livello mondiale, l’Italia risulta nona, cioè al penultimo posto nella classifica dei dieci Paesi che ospitano il maggior numero di congressi. Nel 2023, il podio è formato da Belgio, Usa e Giappone.
Guardando invece alla classifica per città, le prime tre sono Bruxelles, Vienna e Tokyo, mentre Roma è al 18° posto e Milano al 33°.
La divergenza dei risultati, secondo quanto riporta la nota di Eureka Mice International, è che l’Uia è un istituto di ricerca che raccoglie i dati esclusivamente basandosi sul mondo della ‘domanda’, utilizzando un database con 75mila organismi internazionali in 271 Paesi, di cui 44.714 specificamente attivi nell’organizzazione di eventi, e ha intercettato 554.714 eventi internazionali nel 2023. L’Icca invece è un’associazione che funge da comunità professionale per gli operatori del settore. E, sempre secondo la nota, Icca utilizza un metodo ibrido di rilevamento, basato prevalentemente sui dati forniti dai suoi circa 900 associati e si verifica quindi una mancanza di omogeneità delle fonti di raccolta dati e delle logiche di campionatura.