Marriott International ha archiviato l’anno chiuso il 31 dicembre 2020 con ricavi a 10,6 miliardi di dollari, in calo del 50% rispetto al 2019, e con un crollo dell’utile operativo (-95%) a 85 milioni, portando così il gruppo a una perdita di 267 milioni di dollari a fine anno.
A livello adjusted, i ricavi rettificati sono conteggiati in 2,2 miliardi di dollari, l’utile operativo in 535 milioni, fino ad arrivare a un utile netto adjusted pari a 59 milioni di dollari.
Per quanto riguarda il quarto trimestre, a picco anche il RevPar (ricavo medio per camera disponibile) che è diminuito del 64% in tutto il mondo.
Il gruppo dell’hotellerie con sede a Bethesda, nel Maryland (Usa) ha comunque comunicato che a fine 2020, la liquidità netta della società ammontava a 4,4 miliardi di dollari, di cui 0,8 miliardi in cassa e 3,6 miliardi di linee di credito revolving non ancora utilizzate. L’anno scorso, Marriott ha aggiunto al suo portfolio quasi 63mila camere in tutto il mondo, con una crescita del 3,1% e una pipeline di sviluppo mondiale di quasi 2.900 proprietà e più di 498mila camere.
Attualmente, il colosso americano comprende un portafoglio di oltre 7.600 proprietà con 30 marchi in 133 Paesi.
Intanto, sono arrivate le nomine ai vertici di Marriott International, dopo la recente scomparsa di Arne M. Sorenson, ex presidente e CEO del colosso americano alberghiero. Prendono il testimone Anthony ‘Tony’ Capuano, che è stato nominato amministratore delegato ed è entrato a far parte del consiglio di amministrazione della società, e Stephanie Linnartz che è diventato presidente del gruppo.
Capuano, in precedenza, è stato presidente del gruppo, sviluppo globale, progettazione e servizi operativi, mentre Linnartz ricopriva il ruolo di presidente del gruppo, consumer operations, technology and emerging Businesses.