La gran parte delle realtà alberghiere del nostro Paese sta giocando un campionato diverso rispetto alle grandi catene internazionali. La differenza non risiede tanto nei volumi di fatturato, che sono di un’altra scala, quanto nella modalità di gestione del business e del patrimonio immobiliare.
I grandi gruppi internazionali hanno già da tempo optato per una divisione di queste due voci. In pratica, ai marchi globali fa capo la gestione dell’hotel o l’affiliazione in franchising del brand, mentre la parte immobiliare è affidata a società esterne, specializzate. Questo significa che i brand blasonati dell’hotellerie non possiedono gli immobili o, nel caso in cui abbiano ancora in portafoglio qualche struttura, il numero è davvero esiguo.
Il motivo di tale separazione è presto detto. La gestione di un albergo sta acquisendo maggiori complessità. Non si tratta più di portare avanti le attività ordinarie dell’ospitalità, al contrario, sono richieste maggiori conoscenze e soprattutto competenze specifiche, nell’ambito dell’ingegneria finanziaria, nella gestione delle risorse umane, nel know-how tecnologico, nella comunicazione digitale e nella commercializzazione.
L’Italia sta iniziando solo adesso a vivere questa trasformazione del business verso una ‘gestione moderna’ ma il percorso per allinearsi agli altri Paesi occidentali, soprattutto europei, è ancora lungo.
Sarà, quindi, prioritario per le società italiane fare questo passaggio quanto prima. Le piccole realtà, che spesso annoverano non più di tre o quattro alberghi nel nostro Paese, non potranno che arrivare ad una gestione separata di business e immobili. Un’opzione di questo tipo avrebbe anche delle conseguenze positive sul fronte della chiarezza dei bilanci, consentendo, quindi, di mettere in luce la redditività di ciascuna delle due aree di business. Un elemento, questo, non di poco conto in un momento come quello attuale dove la trasparenza finanziaria è un sine qua non nel mondo finanziario, ma non solo.